Premessa.
Con il decreto-legge 21/05/03 n. 112, recante "Modifiche urgenti
alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione
forense" e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 117 del
22/05/03, sono state introdotte significative novità alle
regole che presiedono lo svolgimento degli esami di accesso
alla professione di avvocato.
Il provvedimento normativo in questione interviene con la
tecnica della novella sull'art. 9 del d.P.R. 10/04/90 n. 101,
sugli artt. 15, 17-bis e 21 del r.d. 22/01/34 n. 37 nonché
sull'art. 22 del r.d.l. 27/11/33 n. 1578 convertito con modificazioni
dalla L. 22/01/34 n. 36, disciplinanti le modalità di svolgimento
della pratica forense e dell'esame di abilitazione all'esercizio
della professione legale.
Operando una sorta di schematizzazione, le novità introdotte
sono le seguenti:
1) la sede di svolgimento delle prove scritte continua
ad essere determinata in base al luogo del rilascio del certificato
di compiuta pratica, rilascio che potrà avvenire solo da parte
del Consiglio dell'Ordine forense del luogo dov'è stato compiuto
il maggior periodo della pratica, dunque per almeno un anno;
2) è introdotto il meccanismo del "sorteggio" in vista
della determinazione degli abbinamenti fra le commissioni
esaminatrici e i candidati;
3) è prevista la scissione fra le due fasi, scritta
ed orale dell'esame, svolgendosi le prove scritte presso la
Corte d'Appello di appartenenza dei candidati e la prova orale
presso la sede dove è istituita la commissione esaminatrice
abbinata ai candidati di quel distretto;
4) durante le prove scritte è precluso ai candidati
avvalersi dell'ausilio dei codici commentati con la giurisprudenza;
5) il Diritto comunitario sostituisce il Diritto ecclesiastico
fra le materie a scelta in cui sostenere la prova orale.
In disparte ogni considerazione di merito, già peraltro criticamente
esposta in altre sedi, scopo del presente documento è la disamina
della compatibilità del decreto-legge de quo con la disciplina
costituzionale della decretazione d'urgenza di cui all'art.
77 Cost., comma 2 e 3, apparendo quanto meno dubbia la sussistenza
nella fattispecie del presupposto dei "casi straordinari di
necessità ed urgenza" che soli avrebbero potuto legittimare
l'adozione di siffatta normativa.
Presupposti del dl: i casi straordinari di necessità
ed urgenza ex art.77 Cost..
La Costituzione italiana disciplina l'istituto dei decreti-legge
all'art. 77 così disponendo: "Il Governo non può, senza delegazione
delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge
ordinaria (comma 1).
Quando, in casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo
adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori
con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per
la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente
convocate e si riuniscono entro cinque giorni (comma 2).
I decreti perdono efficacia fin dall'inizio, se non sono convertiti
in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici
sorti sulla base dei decreti non convertiti (comma 3).
Dall'enunciato normativo si evince che con la decretazione
d'urgenza il Governo esercita funzioni di normazione primaria
per sopperire ad esigenze indifferibili, che non potrebbero
essere altrimenti soddisfatte e sulle quali, in ogni caso,
si presume che il Parlamento non sarebbe in grado di provvedere
utilmente e tempestivamente con gli ordinari procedimenti
legislativi.
Consapevoli della deroga che la previsione della decretazione
d'urgenza rappresentava rispetto al principio della divisione
dei poteri proprio dei moderni sistemi costituzionali e all'ordine
naturale delle competenze in materia di produzione normativa
da quello originato, i Costituenti, al fine di arginare il
rischio di possibili abusi da parte dell'esecutivo, optarono
per una formulazione che ancorasse l'esercizio del potere
in questione ad un insieme di presupposti giustificativi,
in particolare sancendo il principio in base al quale il Governo
non può far ricorso alla decretazione d'urgenza se non "in
casi straordinari di necessità ed urgenza".
Al riguardo è stato autorevolmente sostenuto che "chiunque
legga senza preconcetti il capoverso dell'articolo in esame,
ne trae la precisa impressione che la Carta costituzionale
abbia di mira situazioni oggettivamente eccezionali, tali
da porsi al di fuori delle consuete disponibilità del legislatore
ordinario; senza di che il provvedimento sarebbe viziato per
eccesso di potere"; e che se la "necessità" rappresenta un
elemento di qualificazione delle fattispecie regolate "da
non confondere…con l'opportunità politica dell'atto", "l'urgenza"
non è sinonimo di speditezza, né tanto meno è concetto identificabile
con le difficoltà del Governo di vedere approvate le proprie
proposte, risolvendosi al contrario nella "imprevedibilità"
(PALADIN, Art. 77, in Commentario della Costituzione, a cura
di G. Branca, 1979, pp. 56-57, cfr. pure PALADIN, In tema
di decreti-legge, in Rivista trimestrale di diritto pubblico,
1958, pp. 533 ss.).
Il carattere di eccezionalità ed imprevedibilità sotteso ai
presupposti della necessità ed urgenza è sottolineato dalla
più accreditata dottrina costituzionalista, laddove si afferma
che "deve escludersi che l'incapacità del Governo di guidare
la maggioranza che lo appoggia ovvero di svolgere, attraverso
la normale dialettica del parlamento, il suo programma politico,
possa di per sé assurgere ad urgenza di provvedere" (SORRENTINO,
La Corte costituzionale fra decreto-legge e legge di conversione:
spunti ricostruttivi, in Diritto e società, 1974, p. 529).
È noto, peraltro, come siffatte ricostruzioni aderenti alla
lettera del dettato normativo della Carta fondamentale siano
state superate da interpretazioni assai più lassiste, le quali
hanno forse contribuito al fenomeno del massiccio incremento
quantitativo dei decreti-legge, ciò che ha finito per determinare
una vera e propria mutazione qualitativa dell'istituto.
In particolare, volendo procedere ad un'esemplificazione delle
ipotesi di decreti-legge, nelle quali più fondato può apparire
il sospetto che la loro adozione sia avvenuta in spregio dei
presupposti prescritti dall'art. 77 Cost., si possono ricordare
a) i decreti-legge di proroga, b) i decreti-legge
in materia fiscale e c) i decreti-legge di riforma,
recanti una stabile disciplina ed occasionati dalla lentezza
dei lavori parlamentari.
Quest'ultima categoria, cui sembrerebbe in astratto riconducibile
il dl n.112/03, rappresenta l'aspetto più notevole e più grave
dell'attuale prassi: attraverso tale tipo di decreti il Governo
erige interi edifici normativi destinati a durare nel tempo,
sottraendoli al procedimento legislativo ordinario senza che
lo imponga alcuna ragione obiettiva.
È lecito dunque affermare che nella prassi il decreto sia
diventato uno strumento ordinario di legiferazione, con qualche
tendenza anzi a divenire lo strumento prevalente per mezzo
del quale il governo provvede intorno a qualsiasi materia,
in occasioni che non hanno alcun carattere di "straordinarietà",
intesa almeno come eccezionalità ed imprevedibilità, mentre
gli stessi requisiti della necessità e dell'urgenza si limitano
spesso ad un mero riferimento formale nelle premesse del decreto
che viene utilizzato per portare avanti la realizzazione del
programma governativo, per corrispondere a sollecitazioni
sociali o per fare fronte ad esigenze comunque maturate.
Di fronte a siffatto uso distorto del potere di decretazione
d'urgenza, la Corte costituzionale, se in un primo momento
aveva escluso la sua competenza ad accertare la ricorrenza
dei presupposti della necessità ed urgenza reputando tale
accertamento rientrante nella valutazione politica del Parlamento
(cfr. PIERANDREI, Corte costituzionale, in Enciclopedia del
diritto, vol. X, Milano, 1962, 874 ss.), successivamente ha
avuto modo di puntualizzare che "A norma dell'art. 77 Cost.,
la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la
necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione
di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce
un requisito di validità costituzionale dell'adozione del
predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di
quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale
del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori delle possibilità
applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio 'in
procedendo' della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima,
nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di
presupposti di validità un realtà insussistenti…Pertanto,
non esiste alcuna preclusione affinché la Corte costituzionale
proceda all'esame del decreto-legge e/o della legge di conversione
sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validità costituzionale
relativi alla pre-esistenza dei presupposti di necessità ed
urgenza…" (Corte Cost., sentenza n. 29/95).
Il DL 112/03 e la necessità e l'urgenza di provvedere.
Premesse queste considerazioni, è quanto meno opinabile che
il dl 112/03 corrisponda, nel complesso delle sue disposizioni,
a quei "casi straordinari di necessità e di urgenza" cui la
Costituzione subordina risolutivamente l'esercizio del potere
di decretazione governativo.
Invero, nella Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento
in esame si legge testualmente che "I dati statistici indicano
che il numero dei candidati promossi è notevolmente elevato…ed
inoltre che la provenienza dei candidati promossi è del tutto
disomogenea, posto che talune sedi funzionano da veri e propri
catalizzatori (sic!) di "praticanti", con percentuali di candidati
promossi straordinariamente elevate rispetto al numero di
ammessi a sostenere l'esame.
La situazione esistente… rende ormai improcrastinabile ed
urgente l'adozione di un intervento riformatore improntato
a criteri della massima trasparenza".
Orbene: la presa d'atto, peraltro tardiva - posto che il mondo
della pratica professionale forense da tempo immemore sollecitava
una riforma complessiva, sia pure contenutisticamente orientata
in direzione diversa da quella realizzata - dell'esistenza
di perduranti inconvenienti nelle modalità di svolgimento
della pratica forense e dell'esame di abilitazione professionale
è in grado di assumere la consistenza della necessità e soprattutto
di quell'urgenza che in nessun altro modo va intesa se non
in stretto rapporto con la funzione stessa dei decreti-legge,
ossia la sostituzione solo in via eccezionale alla legge statale
ordinaria? Né vale ad integrare il requisito dell'urgenza
l'apodittica affermazione secondo la quale "L'urgenza dell'intervento,
evidenziata, dalla natura dello strumento prescelto - il decreto-legge
- , discende dalla necessità di rendere immediatamente operativa
la modifica di sistema, a partire dal prossimo esame di abilitazione
forense…": ciò in quanto non è e non può essere lo strumento
normativo de quo a recare in sé intrinsecamente, evidenziandole,
la ragioni giustificative sottese alla sua adozione, ma è
la concreta ed attuale ricorrenza della straordinarietà, necessità
ed urgenza del provvedere a dover dare contezza e fondamento
costituzionale all'uso di siffatta fonte del diritto.
Diversamente opinando, sarebbe sufficiente rivestire qualsiasi
provvedimento normativo dell'aspetto formale del decreto-legge
per ritenere adeguatamente dimostrata la sussistenza dei presupposti
di cui al comma 2 dell'art. 77 Cost., con evidente violazione
delle disposizioni costituzionali in materia di fonti di produzione
normativa.
Emerge dunque nitidamente che l'urgenza, che deve avere carattere
rigorosamente obiettivo - nel senso che deve essere individuata
con riferimento alle situazioni alle quali si intende provvedere
- assume in questo caso una veste del tutto subiettiva, per
essere commisurata non al provvedimento da adottare, ma alla
volontà della compagine governativa d'introdurre una certa
disciplina della cui approvazione parlamentare, entro un ragionevole
lasso di tempo, si dubita.
Giova sul punto ricordare, però, che la decretazione d'urgenza
non può costituire il grimaldello attraverso cui scardinare
la normale procedura parlamentare di approvazione delle leggi:
"se pure è vero che nel nostro sistema all'attività parlamentare
è strutturalmente connessa una certa lentezza dei lavori,
questa…non può essere elevata dal Governo a pretesto per l'adozione
di decreti d'urgenza, impedendo così al Parlamento di svolgere
quell'approfondito e meditato dibattito che gli è particolarmente
congeniale" (SORRENTINO, La Corte costituzionale, cit., p.
528).
Conclusioni.
Alla luce di quanto sin qui affermato, sembra alquanto difficile
sottrarsi alla spiacevole impressione che, attraverso il provvedimento
in esame, ancora una volta come in altri settori ed in anni
precedenti, si sia operata una forzatura del dato costituzionale,
tentandosi, inammissibilmente, di introdurre una riforma in
un settore come quello del riordino delle libere professioni
e dell'accesso alle medesime certamente bisognevole di ben
altre attenzioni che non quelle suggerite da inesistenti ed
inconfigurabili necessità ed urgenza del provvedere, dietro
le quali si malcelano intenti che se definire persecutori
è eccessivo, certamente mirano ad introdurre barriere all'ingresso
nel mercato professionale, ancora una volta disattendendo
le indicazioni che provengono dal diritto e dalla giurisprudenza
comunitari.
In conclusione, non pare dubitabile che la fattispecie possa
essere passibile di una declaratoria di illegittimità costituzionale,
ricorrendo quella "evidente mancanza" dei presupposti giustificativi
della decretazione d'urgenza "tale, cioè, da far palesemente
ritenere che l'atto sia stato adottato dal governo al di fuori
dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente
previste per il decreto-legge" (Corte Cost., sentenza n. 330/96).
Roma, lì 26 maggio 2003
Avv. Gaetano Romano
(Presidente Nazionale A.N.P.A.)
Dott. Giovanni Natali
(Presidente Commissione A.N.P.A.
per lo studio della riforma degli esami di avvocato)