L' UGAI CONTATTATA DAL "QUOTIDIANO DEI DOTTORI COMMERCIALISTI" "SMENTISCE" CON DATI SCIENTIFICI IL LAVORO DI DUE RICERCATORI DELLA BANCA D'ITALIA SULLA PRESUNTA RESPONSABILITA' DEGLI AVVOCATI PER IL TASSO DI LITIGIOSITA' IN ITALIA http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_250543.aspx
 
 

Troppi avvocati? Aumenta la litigiosità nei tribunali
È quanto sostiene lo studio di Carmignani e Giacomelli, ricercatrici di Banca d’Italia. Le associazioni degli avvocati non condividono la ricerca “Troppi avvocati? Litigiosità nei tribunali italiani”. Già il titolo la dice lunga sul contenuto dello studio di Amanda Carmignani e Silvia Giacomelli, ricercatrici della Banca d’Italia.“La giustizia civile italiana si caratterizza rispetto ai principali paesi europei per l’elevata litigiosità”. È l’assunto di partenza del lavoro che si muove valutando se un numero maggiore di avvocati in una certa area geografica induca a un aumento della litigiosità. In sostanza, le due ricercatrici si chiedono se esiste una relazione tra il numero di avvocati e il numero di cause esistenti in Italia. L’analisi conclude che la relazione di fatto esiste ed è anche quantitativamente rilevante. Lo studio, condotto su dati provinciali relativi al periodo 2000-2005, rileva che nel 2006, in Italia, il numero di nuove cause avviate ogni anno rispetto alla popolazione – indicatore abituale del tasso di litigiosità – è più del triplo di quello riscontrato in Germania e il doppio rispetto a quello dei francesi e degli spagnoli. Un elevato tasso indicato, dicono le ricercatrici, come uno dei fattori che più incide sull’inefficienza della giustizia civile italiana. Altro dato che contraddistingue il sistema giudiziario nostrano nel confronto con l’Europa è l’elevato numero di avvocati in rapporto agli abitanti (230 mila in totale) e che rappresenta un elemento indicato tra le determinanti del tasso di litigiosità. Insomma, un esercito di professionisti è pronto ogni giorno a calcare le aule dei tribunali italiani.“I risultati di questa analisi mostrano che la numerosità degli avvocati ha un effetto positivo, significativo e quantitativamente rilevante sulla litigiosità – concludono le ricercatrici –. Poiché nel periodo esaminato era in vigore un regime di tariffe minime per gli avvocati che limitava le possibilità di concorrenza sui prezzi, i risultati ottenuti plausibilmente indicano l’esistenza di un effetto di induzione della domanda”.E invitano,
nelle conclusioni, a una revisione delle regole delle tariffe degli avvocati per rendere più chiaro e prevedibile ai clienti il costo delle cause.
È di altro avviso Maurizio de Tilla, presidente dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura italiana, secondo il quale sulla litigiosità italiana giocano ben altri fattori.“Innanzitutto c’è una cosa di fondo da  dire sul divario tra Nord e Sud del Paese – commenta –. Nel Mezzogiorno la conflittualità sociale è acuita dal peso della crisi economica fortissima, il che determina l’aumento della litigiosità in alcuni campi nodali come lavoro, previdenza, abitazione, consumatori, insomma il campo dei diritti dei cittadini. La grande proliferazione di cause è da mettere in relazione alla società, alla diffusa illegalità nel sistema generale italiano, altra causa principale dell’intervento giudiziario. Qui giocano un ruolo importante il malcostume dei cittadini e l’etica degli amministratori pubblici. Sarebbe un errore superficiale mettere in relazione gli avvocati con la litigiosità italiana. Le cause sono di carattere più  profondo”.
Anche Gaetano Romano, presidente nazionale dell’UGAI, trova lo studio non condivisibile.“Per dimostrare come questa ricerca sia priva di fondatezza – commenta - basterebbe notare come, dai dati dichiarati lo scorso anno all’Unione dei Giovani Avvocati Italiani dal Barreau de Paris, organo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura francese, si scopre che solo a Parigi ci sono già più di 18.000 avvocati, ovvero quasi lo stesso numero di Roma. Ciononostante, a Parigi il numero di cause è infinitamente minore che a Roma. Se le cause aumentassero in modo direttamente proporzionale al numero di avvocati, il numero sarebbe lo stesso. Se invece si vuole addebitare l’imponente contenzioso processuale presente nei tribunali italiani all’innato tasso di litigiosità del popolo italiano – conclude – potremmo essere d’accordo: ma ciò non ha niente a che vedere con il numero di avvocati, in quanto un cittadino che è deciso ad adire le vie legali, non cambia certo idea a seconda del numero di avvocati esistenti in Italia”.
 
Antonella Migliaccio