Italia Oggi 15/10/09
Promossa la formazione continua
Sono da ritenere legittimi sia il regolamento per la
formazione continua approvato dal Consiglio nazionale
forense (Cnf), sia i regolamenti approvati dai singoli
Consigli dell'Ordine degli avvocati, anche nella parte in
cui prevedono sanzioni disciplinari nei confronti di coloro
che non osservano i relativi adempimenti. Questo è quanto ha
confermato il Tar Lazio - Roma, Sezione III quater con la
sentenza del 6 ottobre 2009 n. 9770. La vicenda oggetto
della decisione del Tribunale amministrativo è la seguente.
Il Codacons aveva impugnato il
regolamento adottato dal Consiglio nazionale forense (Cnf)
ed il relativo regolamento d'attuazione adottato dal
Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma per la
formazione continua, con particolare riferimento alle
modalità volte a garantire la corretta osservanza degli
obblighi di formazione sopra citati. Secondo
i ricorrenti la potestà di emanare regolamenti sulla
formazione degli avvocati italiani ed in particolare la
potestà di imporre loro specifici obblighi formativi non era
stata assegnata da nessuna legge. L'unica fonte attributiva
di tale potere sarebbe l'art. 13 del codice deontologico,
che però risulta privo della natura e della caratteristica
di legge, costituendo solo espressione di poteri
autorganizzativi degli Ordini professionali allo scopo di
stabilire gli obblighi di correttezza degli iscritti e per
regolare la propria funzione disciplinare. Il Tribunale
amministrativo ha respinto il ricorso. Il Collegio rileva
che la fonte del potere di emanare norme di deontologia
professionale vincolanti per i singoli professionisti in
materia di formazione professionale e le relative sanzioni è
costituita dagli artt. 12, I comma, e 38, I comma, del rdl
n. 1578 del 1933. In tal senso si era già espresso in
precedenza con la sentenza del 17 luglio 2009, n. 7081. La
fonte del potere di adottare, noltre, norme interne a
garanzia della qualità delle prestazioni professionali si
rinviene nell'art. 2, comma 3, del dl n. 233 del 2006
convertito in legge n. 248 del 2006. Nell'ordinamento,
quindi, esiste una norma che non solo consente, ma impone
agli ordini professionali di adottare «misure» riguardanti
l'aggiornamento professionale degli iscritti. La serietà
delle «misure» comporta «la necessità di sanzioni per il
loro mancato rispetto, che può trovare risposta nel potere
di regolamentazione deontologica degli ordini
professionali». Si presenta, così, legittima la norma
contenuta nell'art. 13 del codice deontologico avente a
oggetto il dovere professionale degli iscritti di rispettare
i regolamenti concernenti gli obblighi ed i programmi
formativi. La disposizione, secondo i giudici
amministrativi, «completa» la disciplina sulla formazione
che trae, come detto, il suo potere specifico dalla citata
norma di legge del 2006. Si tratta, peraltro, di
disposizioni poste nell'interesse della collettività ad una
prestazione professionale sempre migliore, che riguardano le
modalità di acquisizione di quei presupposti culturali
necessari all'esercizio della professione.
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