DIRITTO E GIUSTIZIA
Uditori, la «scorciatoia»
al concorso non mette tutti d'accordo
Se da un lato il provvedimento risolve
l’impasse in cui via Arenula si era trovata, dall’altro
ci saranno enormi problemi di gestione. All’indomani dall’approvazione
del decreto legge che ammette alla prova scritte per il
concorso da uditore giudiziario – saltando quindi la prova
dei quiz – avvocati, magistrati onorari e ricercatori,
si accavallano le reazioni e le riflessioni dei diretti
interessati.
Secondo Ernesto Aghina, vice-presidente dell’ottava commissione
(magistratura onoraria) del Consiglio superiore della
magistratura, il provvedimento licenziato venerdì
scorso dal Consiglio dei ministri «è un provvedimento
che quantomeno risolve l’impasse che c’era». «Noi
come consiglio – ha spiegato Aghina – avevamo evidenziato
che ci sarebbe stato qualche problema, certo non avevamo
previsto che poi si sviluppasse un contenzioso di questa
entità». Palazzo dei Marescialli lo scorso
febbraio aveva inviato al ministro della Giustizia Roberto
Castelli un parere articolato sul bando di concorso per
uditore giudiziario (vedi tra gli arretrati del 20 febbraio
e del 3 marzo 2004) che in un primo momento esonerava
dalle prove preselettive solo i diplomati alle Scuole
di specializzazione del primo corso. Una decisione che
successivamente aveva scatenato una valanga di ricorsi
al Tar da parte di avvocati e magistrati onorari.
Ma come allora, anche adesso Aghina mette in guardia sui
numeri del concorso: «se da un lato infatti è
stata superata l’impasse, dall’altro, secondo le prime
stime, il numero dei partecipanti al concorso creerà
molti problemi sotto il profilo della gestione».
Sempre sulla base delle prime stime, secondo il togato
dei movimenti riuniti, «i numeri dei prossimi due
concorsi faranno perdere significato alla preselezione».
«In questo modo – ha continuato – perde dignità
l’idea stessa della preselezione, nata proprio per decongestionare
il concorso: tanto varrebbe a questo punto toglierla del
tutto perché secondo le nostre previsioni, solo
un terzo dei candidati sarà costretto ad affrontarla».
Insomma i quiz si ridurranno ad «un’inutile penalizzazione
che non perseguirà più lo scopo per la quale
era stata pensata». Senza contare che i tempi saranno
lunghissimi, anche perché sulla scia di questa
decisione il consigliere del Csm prospetta «nuovi
candidati che faranno domanda». Secondo le prime
stime infatti i candidati potrebbero essere anche diecimila
e in questo modo «si tornerà all’antico con
grossi problemi di gestione e di tempi, ma è anche
vero che i dati normativi erano viziati all’origine»
come aveva evidenziato il documento approvato dal Csm
a febbraio che lasciava di fatto aperto il quesito posto
dal ministro. Facendo una stima molto ottimistica ci vorranno
più di due anni perché i concorsi possano
chiudersi «con un problema serio per noi rispetto
alla copertura degli organici». «Mi faccio
carico anche delle aspirazioni dei candidati – ha continuato
Aghina – che si vedono a questo punto dilatati i tempi
della selezione: chi riuscirà a sopportare altri
due anni di studi e di attese arriverà fino alla
fine, altrimenti ci saranno penalizzazioni personali».
Quando il testo del decreto arriverà a Palazzo
dei Marescialli per il parere di rito, il documento avrà
sicuramente la priorità rispetto alle altre pratiche
e durante il dibattito, ha concluso Aghina «cercheremo
di evidenziare i riflessi del provvedimento per pensare
ad eventuali correttivi».
Le reazioni del mondo dell’avvocatura. Si apre invece
una spaccatura sul fronte dell’avvocatura dopo l’approvazione
del provvedimento dove, se da un lato il presidente del
Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, si è dichiarato
soddisfatto della decisione, dall’altra l’Associazione
nazionale praticanti e avvocati, si chiede «se questo
sia il modo migliore per ridare dignità alla classe
forense».
Il vicepresidente nazionale Anpa, Maria Gualdini,
ieri ha affermato che l’esonero degli avvocati è
«un involontario incentivo alla pratica fittizia».
«Non sentivamo alcuna necessità – ha affermato
– di “ingolfare” ulteriormente i registri speciali dei
praticanti avvocati a mezzo di laureati in giurisprudenza
che, non avendo possibilmente alcuna intenzione di svolgere
un reale tirocinio forense, intenderanno presumibilmente
sostenere l’esame forense solo con la garanzia di “saltare”
la preselezione informatica». «Chiediamo al
presidente Alpa – ha continuato Gualdini – se è
normale che ancora una volta l’unica voce a difesa degli
interessi e dell’onore dell’intera avvocatura sia quella
dell’associazione dei giovani legali italiani».
Il vicepresidente infine, prende atto di come «nei
primi cinque mesi la nuova presidenza del Cnf sembra aver
deciso di rinnegare con i fatti la “giudiziosa” gestione
dei predecessori che erano riusciti nello storico risultato
di avvicinare i giovani legali italiani alle grandi scelte
dell’avvocatura». «Non crediamo – conclude
Gualdini – che i consiglieri del Cnf condividano l’apparente
scelta sia della nuova presidenza, sia della nuova segreteria
del Cnf di continuare ad operare inaudita altera parte:
alla loro lungimiranza ci appelliamo perché si
cerchino scelte condivise specie in tema di accesso alla
professione». (p.a.)