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[3 Settembre 2004]


DIRITTO E GIUSTIZIA

Uditori, la «scorciatoia» al concorso non mette tutti d'accordo

Se da un lato il provvedimento risolve l’impasse in cui via Arenula si era trovata, dall’altro ci saranno enormi problemi di gestione. All’indomani dall’approvazione del decreto legge che ammette alla prova scritte per il concorso da uditore giudiziario – saltando quindi la prova dei quiz – avvocati, magistrati onorari e ricercatori, si accavallano le reazioni e le riflessioni dei diretti interessati.

Secondo Ernesto Aghina, vice-presidente dell’ottava commissione (magistratura onoraria) del Consiglio superiore della magistratura, il provvedimento licenziato venerdì scorso dal Consiglio dei ministri «è un provvedimento che quantomeno risolve l’impasse che c’era». «Noi come consiglio – ha spiegato Aghina – avevamo evidenziato che ci sarebbe stato qualche problema, certo non avevamo previsto che poi si sviluppasse un contenzioso di questa entità». Palazzo dei Marescialli lo scorso febbraio aveva inviato al ministro della Giustizia Roberto Castelli un parere articolato sul bando di concorso per uditore giudiziario (vedi tra gli arretrati del 20 febbraio e del 3 marzo 2004) che in un primo momento esonerava dalle prove preselettive solo i diplomati alle Scuole di specializzazione del primo corso. Una decisione che successivamente aveva scatenato una valanga di ricorsi al Tar da parte di avvocati e magistrati onorari.

Ma come allora, anche adesso Aghina mette in guardia sui numeri del concorso: «se da un lato infatti è stata superata l’impasse, dall’altro, secondo le prime stime, il numero dei partecipanti al concorso creerà molti problemi sotto il profilo della gestione». Sempre sulla base delle prime stime, secondo il togato dei movimenti riuniti, «i numeri dei prossimi due concorsi faranno perdere significato alla preselezione». «In questo modo – ha continuato – perde dignità l’idea stessa della preselezione, nata proprio per decongestionare il concorso: tanto varrebbe a questo punto toglierla del tutto perché secondo le nostre previsioni, solo un terzo dei candidati sarà costretto ad affrontarla».

Insomma i quiz si ridurranno ad «un’inutile penalizzazione che non perseguirà più lo scopo per la quale era stata pensata». Senza contare che i tempi saranno lunghissimi, anche perché sulla scia di questa decisione il consigliere del Csm prospetta «nuovi candidati che faranno domanda». Secondo le prime stime infatti i candidati potrebbero essere anche diecimila e in questo modo «si tornerà all’antico con grossi problemi di gestione e di tempi, ma è anche vero che i dati normativi erano viziati all’origine» come aveva evidenziato il documento approvato dal Csm a febbraio che lasciava di fatto aperto il quesito posto dal ministro. Facendo una stima molto ottimistica ci vorranno più di due anni perché i concorsi possano chiudersi «con un problema serio per noi rispetto alla copertura degli organici». «Mi faccio carico anche delle aspirazioni dei candidati – ha continuato Aghina – che si vedono a questo punto dilatati i tempi della selezione: chi riuscirà a sopportare altri due anni di studi e di attese arriverà fino alla fine, altrimenti ci saranno penalizzazioni personali».

Quando il testo del decreto arriverà a Palazzo dei Marescialli per il parere di rito, il documento avrà sicuramente la priorità rispetto alle altre pratiche e durante il dibattito, ha concluso Aghina «cercheremo di evidenziare i riflessi del provvedimento per pensare ad eventuali correttivi».

Le reazioni del mondo dell’avvocatura. Si apre invece una spaccatura sul fronte dell’avvocatura dopo l’approvazione del provvedimento dove, se da un lato il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, si è dichiarato soddisfatto della decisione, dall’altra l’Associazione nazionale praticanti e avvocati, si chiede «se questo sia il modo migliore per ridare dignità alla classe forense».

Il vicepresidente nazionale Anpa, Maria Gualdini, ieri ha affermato che l’esonero degli avvocati è «un involontario incentivo alla pratica fittizia». «Non sentivamo alcuna necessità – ha affermato – di “ingolfare” ulteriormente i registri speciali dei praticanti avvocati a mezzo di laureati in giurisprudenza che, non avendo possibilmente alcuna intenzione di svolgere un reale tirocinio forense, intenderanno presumibilmente sostenere l’esame forense solo con la garanzia di “saltare” la preselezione informatica». «Chiediamo al presidente Alpa – ha continuato Gualdini – se è normale che ancora una volta l’unica voce a difesa degli interessi e dell’onore dell’intera avvocatura sia quella dell’associazione dei giovani legali italiani». Il vicepresidente infine, prende atto di come «nei primi cinque mesi la nuova presidenza del Cnf sembra aver deciso di rinnegare con i fatti la “giudiziosa” gestione dei predecessori che erano riusciti nello storico risultato di avvicinare i giovani legali italiani alle grandi scelte dell’avvocatura». «Non crediamo – conclude Gualdini – che i consiglieri del Cnf condividano l’apparente scelta sia della nuova presidenza, sia della nuova segreteria del Cnf di continuare ad operare inaudita altera parte: alla loro lungimiranza ci appelliamo perché si cerchino scelte condivise specie in tema di accesso alla professione». (p.a.)