L'A.N.P.A.
SU GUIDA AL DIRITTO n. 35 /2005 SU TARIFFE FORENSI E
CONCORRENZA A DIFESA DEI PRATICANTI E DEI GIOVANI AVVOCATI
ITALIANI
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Se
per il De Amicis “non sempre il tempo la belta’
cancella”,per i Giovani il tempo è galantuomo e cancella
– sempre – i tendenziosi allarmismi, nonchè i
riconnessi tentativi di obnubilare e conculcare il diritto
alla partecipazione
ed al confronto.Appena
lo scorso dicembre fa l’Associazione Nazionale Praticanti e
Avvocati, proprio da questo stesso settimanale (n.49) , aveva
previsto come quasi ineluttabile il fallimento di ogni
tentativo controriformatore perseguito dalla Commissione
Ministeriale in tema di accesso alle professioni legali.I
Praticanti ed i Giovani Avvocati riuniti nell’A.N.P.A. non
possiedono alcuna dote prognostica, bensi’ si sono basati
semplicemente sulla prevedibile assoluta contrarieta’ della
base della classe forense alla cd “Riforma Siliquini”.Non
era ragionevolmente credibile che da una parte i futuri
aspiranti avvocati avrebbero accettato di operare ulteriori
esborsi economici per frequentare
lezioni formative a pagamento, ne’ che dall’altra
gli studi legali avrebbero “condiviso”
di buon grado - con le Scuole Forensi – la formazione dei
Giovani Colleghi. L’Associazione Nazionale Praticanti e
Avvocati ha ritenuto di farsi
portavoce del comune interesse delle due sfere generazionali a
perpetuare – inalterato - quel rapporto osmotico basato
sulla preziosa trasmissione del patrimonio di conoscenze
professionali, senza onerose perdite di tempo al di fuori
dagli studi legali.Nondimeno la consapevole inclusione -
all’interno della Commissione Ministeriale - di quattro
esponenti tutti appartenenti alla classe forense Cassazionista
- ha impedito che si potessero ragionevolmente creare i
presupposti per un auspicabile contenimento dell’inevitabile
dissenso dei Giovani.Professionisti con non meno di 12 anni di
anzianita’ professionale forse non possono avere, ne’
rappresentare, le diverse esigenze di un Giovane Avvocato,
specie nei primi anni di attività professionale, ne’
tantomeno dei praticanti.Ciò che è certo e’ che il
glorificato elefante – metaforicamente rappresentato dalla
Commissione Siliquini – è riuscito a partorire solo un
impresentabile topolino, ovvero a riesumare il ciclo unico
quinquennale a Giurisprudenza, quando gli altri Stati
dell’U.E. si sono da tempo uniformemente attestati sul
condivisibile paradigma formativo del 3+2.Una gattopardesca
controriforma che spalancherà indistintamente le porte della
nostra professione all’ “assalto” degli studenti, in
luogo della vera svolta radicale, ovvero il numero chiuso alla
Facoltà di Giurisprudenza.Si sarebbe dovuta superare con
coraggio la presumibile naturale opposizione a questa extrema
ratio della gran parte della baronia universitaria, quella
per intenderci che non e’ contestualmente iscritta negli
albi forensi e che quindi non ha a cuore le sorti della nostra
professione.Non si è fatto peraltro alcunche’ per
depotenziare quell’autentico abominio rappresentato dalla
legge 180/2003
in tema di esami di Stato ed appaiono quantomeno tardivi i
recentissimi unanimi ripensamenti dovuti all’evidente eterogenesi
dei fini del DL Castelli.L’A.N.P.A., pur essendo
riuscita a svuotarne i profili più aberranti, non ha potuto
impedire che gli unici risultati conseguiti dalla
“correzione incrociata” siano stati l’aver avvinto
l’intera penisola nelle percentuali vergognose per una
libera professione (dal 27% di Messina al 28% di Roma fino al
31% di Trento),nonchè l’aver provocato borbonici ritardi
tali che i Distretti di Milano e Napoli sono ancora lungi
dall’aver comunicato i risultati.Tutto cio’ mentre da più
parti si teme – in sede di esame orale – un prevedibile
assai maggiore rigore dei giudizî delle Commissioni rispetto
al passato.Attendiamo ancora che i Registri Speciali –
ingolfati di decine di migliaia di iscritti ivi
“parcheggiatisi” indisturbati in attesa solo di sostenere
l’esame di magistratura, notariato o di trovare sicura
sistemazione nella Pubblica Amministrazione - vengano senza
ritardo affrancati dalla ingombrante presenza di questi
aspiranti avvocati fittizi;da tempo proponiamo che si
disincentivi l’utilizzo del titolo di avvocato quale più
agevole lasciapassare per il pubblico impiego e per la
magistratura.;riteniamo altresì equo che l’iscrizione
all’albo degli avvocati possa avvenire per tutti –
indefettibilmente - a seguito del superamento dell’esame di
Stato.Sarebbe quindi auspicabile estendere l’incompatibilità
della professione forense alla totalita’ di tutti gli
impieghi od uffici pubblici retribuiti.Ciò permetterebbe una
rapidissima contrazione degli iscritti agli albi forensi che,
secondo le ultime statistiche, ammonterebbero a circa 158.000,
dei quali tuttavia sembra solo 120.000 esercitino la
professione.Pur risultando quindi forse sproporzionati i
reiterati allarmismi circa il numero eccessivo di avvocati,
sono auspicabili interventi di immediata razionalizzazione del
sistema quali quelli suindicati, piuttosto che continuare a
mantenere pervicamente velleitarie barriere all’accesso alla
professione forense ai danni degli attuali Giovani (in primis
la decadenza dal patrocinio legale dopo sei anni).Senza il
rinnovato e continuo apporto di nuova linfa vitale, il sistema
previdenziale forense – secondo gli esperti - andrebbe
incontro all’implosione.Occorre
prendere atto che alla difficoltà di accesso formale
alla professione per i Praticanti, si è sempre più associato
quello relativo all'accesso sostanziale
per i Giovani Avvocati.L’una questione ha finito per
rappresentare l’estroflessione dell’altra rendendo
anacronistiche le attuali — sia pur pregevoli —
facilitazioni previdenziali
e contribuitive ,senza il debito ammodernamento delle quali
diventa proibitivo inserirsi nel mercato professionale.Si è
alzata l'eta’ media in cui si accede alla carriera di
avvocato e quindi si renderebbe forse necessario, in primo
luogo, eliminare il limite dei 35 anni e quindi allargare
magari a 6 anni - rispetto agli attuali 3 anni - i requisiti
per fruire delle riduzioni rispetto al contributo
soggettivo.Per coprire i costi connessi alle maggiori
agevolazioni, potrebbe essere innalzata la quota del 3%
versato a titolo di solidarieta’ da quanti raggiungono il
tetto contributivo soggettivo.Parimenti sarebbe auspicabile
riprendere – mutatis
mutandis - una iniziativa dell’ Inarcassa, ovvero
dell’Ente di Previdenza degli Architetti e degli Ingegneri
che ha licenziato un nuovo recentissimo regolamento che
facilita la concessione di mutui fondiari-edilizi per
l’acquisto – soprattutto per i giovani – financo degli
studi professionali.Appare assolutamente condivisibile
l’idea del Presidente della Cassa Nazionale di Previdenza ed
Assistenza Forense nonche’ dell’Adepp- di una “Banca dei
Professionisti” che potrebbe - a nostro parere -
accompagnare soprattutto i Colleghi nell’avvio dell’attivita’
professionale.A far da giusta cornice a tali misure è
indispensabile – a nostro parere - porre mano ad una
riconversione liberalizzatrice della professione forense a
favore dei Giovani, attraverso l’abolizione dei minimi e
massimi tariffari al fine di smobilizzare
il mercato iniettando forti dosi di concorrenza.Ciò
renderebbe più concorrenziale il mercato professionale e
quindi permettere anche ai Giovani Avvocati di acquisire assai
piu’ agevolmente un proprio “pacchetto clienti”.Chi
oppone che in tal modo non verrebbe garantita la qualita’
della prestazione, tende a dimenticare – colpevolmente - che
il titolo della laurea in giurisprudenza, nonchè il
superamento dell’esame di abilitazione rappresentano
sicuramente un’ indubitabile garanzia per il mercato.Forse
ad esempio i nostri Giovani Colleghi britannici forniscono
servizi con basso standard qualitativo sol perche’ non sono
ivi previsti tariffari minimi e massimi inderogabili? E’
solo una coincidenza che l’Italia sia una delle pochissime
Nazioni europee in cui sono
mantenuti questi tipi di vincoli medievali e che il reddito
medio ai fini irpef dei nostri Giovani Legali sia tra i piu’
bassi rispetto ai coetanei dell’ U.E.? Sarebbe anche
interessante decriptare parimenti l’oscuro motivo per il
quale - a parità di impegno professionale profuso - il
praticante abilitato debba incassare la meta’ degli onorari
e dei diritti di un avvocato.Noi crediamo che l’opposizione
alla deregulation
forse rientri a pieno titolo in quel presumibile disegno che impedisce
ai Praticanti ed ai Giovani Avvocati italiani di accedere ad
un mercato professionale attualmente “ad imbuto”.In uno
speciale sul tema del quotidiano Repubblica
a firma di Roberto Mania in data 19.08.2005 dal titolo “Mille
barriere alla concorrenza la trappola delle tariffe minime”,
la posizione dei Giovani Avvocati Italiani contro il tentativo
di “mummificare le
attuali caste professionali” e quindi in favore della
libera contrattazione delle tariffe è stata affidata
esclusivamente all’ A.N.P.A.Al fine di impedire uno scontro
generazionale è necessario pertanto introdurre nuovi
paradigmi meritocratici in luogo di standardizzazioni di ormai
vieti assetti professionali.L' immediata espunzione dei
praticanti fittizi dai Registri Speciali permetterebbe un
approccio più sereno e meno corporativo per i praticanti veri
e per le Commissioni in sede d'esame; il conseguente accesso
libero e meritocratico solo di Giovani realmente motivati ad
esercitare la carriera d'avvocato garantirebbe una maggiore
sostenibilità futura del sistema previdenziale forense.E' per
questo motivo che è interesse di tutti l’implementazione di
facilitazioni per l’accesso formale e sostanziale -
rispettivamente dei Praticanti e dei Giovani Avvocati italiani
– alla nostra professione.Il fiducioso appello che fa
l’Associazione Nazionale che riunisce Praticanti e
Giovani Avvocati italiani è “liberalizzare il
sistema” non solo per
i Giovani, ma con i
Giovani.
Gaetano Romano
Presidente
Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati