LUNGA INTERVISTA ALL'A.N.P.A SUL
"CORRIERE ECONOMIA" DEL CORRIERE DELLA SERA:LA
NOSTRA DIFESA DEI PRATICANTI E DEI GIOVANI AVVOCATI ITALIANI
SUL PIU' PRESTIGIOSO QUOTIDIANO NAZIONALE
L'ufficio di Presidenza Nazionale A.N.P.A., a
nome dei Praticanti e dei Giovani Avvocati Italiani, ringrazia
il Corriere della Sera, il supplemento "Corriere
Economia" del lunedì, nonchè il Sig. Giornalista
Dott. Felice Fava per la cortese attenzione prestata ai Giovani
Legali Italiani.
Continueremo a seguire il "Corriere
Economia", importante supplemento del lunedì del
Corriere della Sera, la sua interessantissima rubrica
interna "Professioni & Futuro", esempio
di informazione a 360°, corretta ed equilibrata e che
presta particolare attenzione alle Giovani Generazioni.
"CORRIERE
ECONOMIA" DEL CORRIERE DELLA SERA
intervista del
24.10.2005 pg 27, richiamata
in prima pagina "“Gli Avvocati
finiscono sotto accusa”
http://www.corriere.it
Professioni
L’INTERVISTA
– Gaetano
Romano, 33 anni, presidente dell’Anpa, che riunisce i
praticanti e i legali con meno di sei anni di abilitazione
"Avvocati
sul banco degli imputati"
“Esami
impossibili e continue chiusure, i principi del Foro
osteggiano in tutti i modi i più giovani”
DI
FELICE FAVA
Nel
mondo delle libere professionisti è in atto un vero scontro
generazionale. Da una parte si trovano i rappresentanti degli
Ordini e delle associazioni, professionisti maturi e affermati
mossi dalla volontà di difendere le rendite di posizione,
dall’altra le nuove leve che sgomitano per farsi largo in un
ambiente chiuso e corporativo. A dipingere il quadro della
situazione è Gaetano Romano, 33 anni, di Messina, presidente
dell’Anpa, l’Associazione nazionale praticanti e giovani
avvocati, dove per giovani significa non potere vantare oltre
sei anni di abilitazione professionale.
Perché
parla di scontro generazionale?
“I
rappresentanti degli ordini stanno alzando gli sbarramenti per
rendere sempre più arduo inserirsi nella professione forense.
Esiste un problema di accesso formale, vale a dire ottenere
l’abilitazione, e uno di tipo sostanziale, cioè la concreta
possibilità di lavorare. Il primo scoglio da superare
riguarda l’esame di Stato: nel 2004, a livello nazionale,
solo il 43% è riuscito a passare la prova scritta”.
Forse
i bocciati dovrebbero studiare di più, non le pare?
“Forse,
ma siamo soprattutto convinti che vi sia la volontà di
complicare la vita ai candidati, inasprendo le selezioni. Per
questo ci siamo appellati al garante della concorrenza e alla
competente Commissione europea”.
Addirittura,
per chiedere promozioni d’ufficio?
“No,
per diminuire il numero dei professionisti avvocati presenti
nelle commissioni giudicatrici, di vigilare sulle modalità di
valutazione e sull’effettiva correzione degli elaborati,
introducendo anche l’obbligo di motivare l’esito del
giudizio, con preciso riferimento ai criteri previsti.
Intendiamo così impedire che venga deciso a tavolino il
numero dei promossi, indipendentemente dal livello di
preparazione dei candidati”.
I
vostri dissidi con l’Ordine finiscono qui?
“No,
dal momento che un candidato si trova costretto a ripetere
anche per nove volte l’esame, chiediamo l’estensione del
patrocinio legale, vale a dire la possibilità di esercitare
l’attività in attesa dell’abilitazione, oltre i sei
anni”.
Sul
fronte del lavoro, avete altre recriminazioni?
“Certo,
perché la situazione è insostenibile: chi non è figlio di
avvocato e non ha uno studio legale alle spalle, se la passa
davvero male”.
Gli
inizi sono difficili per qualunque professione.
“E’
vero, ma si dovrebbe facilitare i giovani, abolendo le tariffe
minime. Infatti, dovendo pagare un onorario stabilito
dall’ordine, un cliente preferisce rivolgersi a uno studio
legale già conosciuto. Liberalizzando il mercato e praticando
tariffe concorrenziali i nuovi avvocati avrebbero più
possibilità di lavoro, quindi di farsi apprezzare”.
Cosa
ne pensa l’Ordine degli avvocati?
“Che
senza tariffe minime si correrebbe il rischio di diminuire la
qualità delle prestazioni. Ciò non è vero. I giovani sono
più aggiornati professionalmente e per affermarsi hanno tutto
l’interesse a garantire un servizio adeguato”.
Quando
i dissidi si alimentano di questioni economiche, diventa
complicato trovare una soluzione, non è così?
“Sì,
e lo scontro è pericoloso. I rappresentanti degli ordini,
nella stragrande maggioranza professionisti di lungo corso,
temono la concorrenza dei giovani, ma invece di osteggiarli,
farebbero meglio a considerarli
una grande risorsa, è nel loro interesse”.
E
perché mai?
“Il
motivo è semplice: saranno le nuove leve a garantire loro un
domani la pensione: Purtroppo per noi giovani è difficile
farci ascoltare. Nell’Ordine degli avvocati contano poco e i
praticanti non hanno neppure diritto di voto”.
Anche
per le tariffe minime vi siete rivolti all’Antitrust?
“No,
l’Italia su questo tema è già stata messa in mora
dall’Unione Europea e penso possa bastare questa autorevole
presa di posizione, attendiamo sviluppi”.
In
Italia vi sono circa 158 mila avvocati, uno ogni 360 abitanti
circa, uno ogni 120 famiglie. Non sono troppi?
“Ma
di questi, secondo i dati della cassa autonoma di previdenza,
quelli che esercitano effettivamente la professione sono 120
mila”.
Però
i praticanti e i giovani avvocati sono già 60 mila. Ogni anno
se ne aggiungono altri 10 mila. Come spiega così tante
vocazioni?
“Le
libere professioni in Italia esercitano ancora molto fascino
nei confronti dei giovani, a torto o a ragione sono
considerate attività di prestigio. Dal 1992 con il numero
chiuso a medicina, molti studenti si sono indirizzati verso le
facoltà di giurisprudenza”.
felicefavacor@hotmail.com