Ordinamento forense
Consigli dell'Ordine:
Riteniamo imprescindibile mantenere
l'attuale struttura "ordinistica" dell'avvocatura italiana,
con immutati poteri disciplinari attribuiti ai Consigli dell'Ordine
locali, semmai sollecitando una più copiosa attivazione della
potestà punitiva a seguito di più incisivi controlli.
Sarebbe auspicabile,al superiore fine, che gli organi deputati
alla funzione disciplinare non siano emanazione diretta dei
Consigli dell'Ordine locali.
Sarebbe altresì auspicabile l'introduzione della impossibilità
-per chi ha coperto il ruolo di commissario di esame nell'anno
o nei due anni precedenti- a potersi candidare alle elezioni
del Consiglio dell'Ordine che si terranno nei due anni successivi.
E' certamente da "aggiornare" la proporzione tra il numero
di componenti dei Consigli dell'Ordine locale ed il numero
di avvocati iscritti al relativo albo professionale, anche
a seguito del rilevante incremento del numero dei legali italiani.
Tariffe:
Un encomio va al Consiglio Nazionale
Forense per avere adeguato finalmente le tariffe degli avvocati,
immutate ormai da quasi 10 anni.
In tal senso auspichiamo che venga mantenuto l'attuale procedura
per la modifica delle tariffe che prevede la proposta del
CNF in tema e l'approvazione successiva del Ministro, anche
alla luce della recentissima giurisprudenza della Corte di
Giustizia Europea.
Modifiche al Codice Deontologico
degli Avvocati:
Condividiamo appieno le modifiche
operate all'art. 17 del Codice Deontologico in tema di utilizzo
dei siti web e della consulenza on-line; riteniamo che,con
l'evoluzione del mondo tecnologico l'avvocato se vuole essere
competitivo sul mercato, posto che i clienti attuali rispetto
al passato sono più informati e si avvalgono spesso dei mezzi
di comunicazione telematici, debba rinnovarsi continuamente
per rispondere a tali esigenze e non può più restare ancorato
a metodologie e mezzi ormai superati.
E' necessario operare tuttavia un controllo indispensabile
affinchè non si raggiungano aberrazioni tali (specie per quanto
riguarda la pubblicità e le consulenze on line) che possano
snaturare la natura di libera professione dell'avvocato.
Per lo stesso motivo, affermiamo in proiezione futura la nostra
ferma opposizione alle "Certificazioni di qualità UNI EN ISO
9000" od affini, attraverso le quali si ritiene che uno studio
legale possa essere trattato in modo fungibile ad un'azienda
per giudicarne l'affidabilità ed accreditarne la qualità del
servizio-prodotto.
Facciamo inoltre espresso appello al Consiglio Nazionale Forense,
perché venga affermata senza tema di smentita una "riserva
di esclusività" della consulenza legale in capo agli avvocati,
affinchè gli stessi non vengano espropriati da altri soggetti
professionali anche di questa inalienabile storica competenza.
Un maggiore rigore nell'osservanza del codice deontologico
è auspicabile, specie per ciò che concerne il comportamento,
talvolta inqualificabile, di alcuni avvocati nei riguardi
dei propri praticanti, trattati non alla stregua di colleghi
più giovani, ma di "segretari aggiunti" dello studio legale
di appartenenza.
Cassa Nazionale Forense
di previdenza ed assistenza:
In tema di previdenza ed assistenza
forense sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione ai
praticanti ed ai neoavvocati sotto forma di specifiche agevolazioni,
come già richiesto dall'A.N.P.A. all'incontro organizzato
dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza degli Avvocati
in data 9/11/2002, per facilitarne l'avviamento dell'attività
forense. Infatti, se da una parte la legge stabilisce l'obbligo
del biennio di pratica forense, dall'altra non prevede alcuna
forma di assicurazione previdenziale ed infortunistica a favore
del praticante, con il paradosso che in caso di un sinistro
occorso al tirocinante nell'espletamento di incarichi impartiti
dal suo dominus, questi non è coperto da alcuna assicurazione
in violazione delle principali norme a tutela della salute
dei lavoratori.
Competenze delle Regioni
ex art. 117 Cost. in materia di libere professioni e Proposta
C.U.P.:
E' necessario risolvere una
volta per tutte la questione delle competenze regionali in
conseguenza della riforma operata dalla legge costituzionale
n.3/2001 che ha conferito alle regioni il potere di legiferare,
quali materie di legislazione concorrente, in tema di libere
professioni.
A tal fine l'A.N.P.A. chiede al Comitato Unitario delle Professioni
di "licenziare" al più presto su questo - ed altri temi di
cui parleremo a breve - un articolato che fissi e confermi
i principi generali e costituzionali in tema di professioni
intellettuali dai quali nessuna regione italiana possa prescindere
(come ad esempio l' accesso alla professione, l'inderogabilità
delle tariffe etc).
Riteniamo che debba essere attribuita alla legislazione esclusiva
dello Stato anche la legislazione in tema di Ordini professionali,
essendo questi ultimi suscettibili, per la loro intrinseca
funzione pubblica, di essere sussunti nella dizione "enti
pubblici nazionali" di cui all'art. 117, comma 2,lett. m.
Condividiamo quasi per intero la c.d. proposta C.U.P., tranne
per quello che afferisce alla supposta devoluzione ai Consigli
dell'Ordine locali di ampi poteri normativi anche per quanto
riguarda i settori della pratica forense; in tal senso rappresentiamo
il timore che si possa ampliare le discrasia tra i vari Ordini
per quanto riguarda le firme richieste al fine del completamento
dei vari semestri di pratica forense ( nella maggior parte
sono richieste 20 presenze, in taluni Ordini, 30, in altri
40,in altri ancora un numero ancora maggiore,altri ancora
chiedono anche l'apposizione di una o due firme settimanali),
o la frequenza alle scuole forensi (in taluni ordini gratis,
in altre a pagamento, in altre ancora obbligatorie ed a pagamento),
Le disposizioni normative in materia devono essere uguali
per tutti i Fori al fine di non creare ulteriori discriminazioni
tra i praticanti ed evitare così la "ricerca" dell'Ordine
più indulgente.
Chiediamo inoltre l'integrazione della proposta C.U.P. con
un esplicito richiamo a nuove forme di disincentivazione della
pratica fittizia con controlli scevri da qualunque indulgenza
di sorta, al fine di espellere dagli albi dei praticanti coloro
i quali ritengono la professione forense l' ultima ancora
di salvezza.
Infatti ogni anno assistiamo al fenomeno di un surplus di
domande di iscrizione all'esame in relazione al numero reale
di praticanti che effettivamente frequentano le cancellerie
e le aule dei tribunali; sono coloro i quali hanno svolto
una pratica meramente fittizia, grazie alla compiacenza di
studi legali "benevoli" ed alla certezza di non essere scoperti,
dato che i controlli operati da alcuni Consigli dell'Ordine
in tal senso sono pressochè inesistenti. Pensiamo in tal modo
di dare una dimostrazione della nostra serietà, chiedendo
prima a noi stessi di osservare le normative esistenti in
tema di svolgimento della pratica forense.
In relazione all'art 6 della proposta
C.U.P. e delle proposte dei senatori Nania e Pastore sul tirocinio
forense, ci permettiamo auspicare che la remunerazione della
pratica sia ancorata al valore della causa o del processo
cui il praticante abbia effettivamente collaborato e mai ad
una remunerazione fissa prestabilita, non potendo lo status
giuridico del praticante essere equiparato a quello di un
lavoratore dipendente. Sarebbe opportuno infine sottrarre
valore all'esame di abilitazione ad eccezione di quello propedeutico
all'acquisizione del titolo di avvocato, tutto ciò al fine
di evitare di gonfiare le file di coloro i quali ritengono
l'abilitazione un semplice "lasciapassare" funzionale ad un
avanzamento di carriera nelle società , nelle imprese di assicurazioni,
nelle banche o per accedere ai livelli della dirigenza pubblica.
Risponde sicuramente alle esigenze sentite dai praticanti
avvocati italiani la addotta possibilità - nella proposta
del Comitato Unitario delle Professioni- di garantire diversificate
modalità alternative di svolgimento del tirocinio forense
(pratica forense svolta all'estero presso professionisti iscritti
in associazioni riconosciute dal C.N.F., ovvero attraverso
la partecipazione a corsi di formazione per l'esame di Stato
anch'essi riconosciuti dal Consiglio Nazionale Forense,etc).
Indispensabile è tuttavia un rigoroso controllo della serietà
del tirocinio medesimo, affinchè non si incrementi inconsapevolmente
il numero di praticanti fittizi.
Per quanto riguarda le società professionali, riteniamo che
la proposta del C.U.P. in ordine alla sussunzione di tale
figura nell'ambito dell'istituto delle società tra avvocati
(anche miste), le cosiddette STP con esplicito rinvio in via
sussidiaria alla disciplina delle società in nome collettivo,
sia da prediligersi rispetto alle proposte suddette Nania
e Pastore.
Ribadiamo che, a nostro parere, non è possibile calare nella
realtà della società di capitali, le attività di carattere
intellettuale ed in particolare la professione forense.
Diritto di stabilimento
degli avvocati:
Se da una parte è indubbia la
fondatezza della pretesa di "stabilimento" degli avvocati
europei in qualunque Stato Europeo, ai sensi della direttiva
98/5/CEE - siccome recepita in Italia dal Decreto Legislativo
96/01- è d'altra parte non suscettibile di essere sottaciuto
il paradosso -che in talune fattispecie - la normativa in
argomento ha portato con sé.
E' il caso dell' iscrizione all' Albo degli Avvocati italiani
di legali spagnoli che non hanno superato alcuna prova di
abilitazione, né svolto alcun tirocinio neppure in Patria,
in cui è difficilmente sanabile il contrasto con il succitato
art. 33 comma 5 Costituzione.
Anche per questi motivi, si rende necessaria una maggiore
tutela da parte degli organi istituzionali e forensi nazionali
a favore dei praticanti ed avvocati italiani, sia per garantire
loro strumenti e normative che li possano rendere competitivi
con i propri collegi europei, sia per evitare evidenti discriminazioni
come quelle antescritte.
Auspichiamo una collaborazione simbiotica tra Consiglio Nazionale
Forense ed i Consigli dell'Ordine locali, a nostro parere
indispensabile siccome caldeggiata all'incontro del 23/11/2002
organizzato dal C.N.F. a Roma, per impedire lo stralcio della
questione del riconoscimento delle associazioni private- attraverso
progetti di legge "a percorso legislativo facilitato" - dalla
più vasta questione del riordino delle professioni intellettuali.
Un riconoscimento di tal genere creerebbe,invero, solo confusione
tra gli ordini professionali istituzionali e le associazioni
private eventualmente riconosciute su cui non ci sarebbe il
benchè minimo ed efficace controllo.
Part time:
In ossequio ad un principio
di riqualificazione e riordino complessivo della professione
forense, giusta la sua millenaria tradizione ed il suo innegabile
ruolo al servizio dei cittadini, l'A.N.P.A. si proclama contraria
ad ogni forma di lavoro part-time che involga gli avvocati.
Se tale possibilità è concessa ad altri soggetti professionali,
non si può disconoscere una identità specifica della professione
forense che la pone al di fuori di ogni tipo di compatibilità
con il lavoro parziale.
In tale contesto non è auspicabile continuare a distinguere
tra la mera iscrizione all'albo degli avvocati o l'esercizio
vero e proprio dell'attività forense, sia per i noti motivi
di incompatibilità assoluta riconnessi al segreto professionale
del legale, sia per questioni di tutela previdenziale.
Organismo Unitario dell'Avvocatura:
In relazione all' O.U.A. ed
alla Sua addotta carenza di rappresentatività, riteniamo che
l'Organismo Unitario dell'Avvocatura dovrebbe rappresentare
unitariamente in forma politica le istanze e le esigenze del
mondo forense tutto, nessuno escluso.
Attualmente dell'O.U.A. non fanno parte i circa 50.000 praticanti
e neoavvocati storicamente rappresentati da quasi dieci anni
dall'ANPA, l'Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati,
nè le Unioni Camere Penali Italiane per i motivi più volte
esposti:auspichiamo che i colleghi penalisti possano recedere
dalla loro posizione di isolamento.
Riteniamo un importante segnale di apertura l'invito espresso
dall'O.U.A. all'A.N.P.A. ad essere presente a Verona con una
propria delegazione,ove nella veste di organo attualmente
esterno all' Organismo Unitario dell'Avvocatura, ci permettiamo
di rilevare come sotto il profilo statutario dell'O.U.A. si
debba mantenere l'incompatibilità tra l'essere componenti
dell'Organismo e le cariche istituzionali forensi.
Sarebbe opportuno altresì garantire l'elezione diretta del
Presidente e dei componenti l'assemblea da parte della base
,in modo da assicurare un maggiore vincolo di fiducia tra
gli organi statutari del rinnovato Organismo politico-rappresentativo
dell'Avvocatura ed i singoli avvocati.
Allo stesso tempo siamo contrari a forme di decentramento
degli organi O.U.A. a livello distrettuale, perchè si creerebbero
dei cloni dei Consigli dell'Ordine locali.
Auspichiamo infine che, nell' Organismo Unitario dell' Avvocatura,
possa essere garantito un più vasto coinvolgimento a tutti
i livelli delle associazioni maggiormente rappresentative
sul territorio nazionale,vera linfa vitale del mondo forense
nel dibattito giudiziario.
Ordinamento
Giudiziario
Riforma dei codici:
Bisogna portare a termine al
più presto la riforma generale non solo del codice penale,
ormai reso inadeguato dal diverso contesto storico di applicazione,
nonchè soppresso sostanzialmente da una proliferazione di
leggi speciali extracodicistiche sempre crescente, ma anche
del codice di procedura penale, alla luce dei principi discendenti
dal "giusto processo".
Non è pertanto più tempo di singoli estemporanei interventi
che hanno intaccato profondamente la coerenza e la logica
del processo penale, ma di una modifica generale coerente
e contestuale.
Anche in materia amministrativa è auspicabile un intervento
codicistico che operi una "reductio ad unum" delle innumerevoli
discipline e normative in tema, presenti nelle più disparate
fonti legislative.
Ridefinizione dei circondari
dei Tribunali:
In ordine alla ridisegnazione
delle circoscrizioni giudiziarie in base al disegno di legge
recante "Delega per la Riforma dell'Ordinamento Giudiziario"
del 14 marzo 2002,riteniamo di dissentire dalla espressa volontà
di sopprimere,con la scusa di "ridefinire", i confini dei
circondari dei tribunali, quando questo significa aggravio
dei costi e delle spese per gli utenti di giustizia, oltre
che un maggiore rischio di denegata o ritardata giustizia,a
fronte di minimi se non inesistenti contrazioni di spese pubbliche.
Riorganizzazione della
magistratura:
Riteniamo indispensabile una
forma di valutazione qualitativa e quantitativa della produttività
e dell'efficienza di ogni singolo magistrato, nonché la ridefinizione
del ruolo proprio del Consiglio Superiore della Magistratura
al fine di ricondurre l' organo di autogoverno dei giudici
alla sua propria funzione istituzionale, che troppe volte
è stata conculcata a favore delle transeunti ideologie politiche
e partitiche.
Eccessiva durata dei processi
e Riforma della Giustizia:
Alla demagogica considerazione
circa l'atavica problematica riconnessa all'eccessiva durata
dei processi civili (consacrata dalle ripetute condanne della
Corte Europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali
di Strasburgo e dalla necessità di adeguare il sistema giudiziario
italiano con la Legge Pinto, risultato una cura peggiore del
male), riteniamo di individuare nei sistemi di conciliazione
extraprocessuali di stampo anglosassone come le ADR (Alternative
Disput Resolution), oltre alla tradizionale "giustizia privata"
, un rimedio deflattivo opportuno e improcrastinabile, che
si auspica gestito dalla classe forense.
Anche in materia penale, seppure non ancora giunta alle emergenze
del civile, è auspicabile un maggiore ricorso ai procedimenti
speciali in funzione sia anticipatoria, sia deflattiva.
In tale senso la recente modifica del rito abbreviato rappresenta
un ottimo esempio di giustizia penale semplificata, ancorchè
giustamente rispettosa degli insopprimibili requisiti dell'
equità e del rigore.
In tema di giustizia amministrativa se da un canto è necessario
adeguare il processo amministrativo ai principi del giusto
processo di cui all'art. 111 con l'auspicabile introduzione
del terzo grado di giudizio, è d'altra parte insopprimibile
l'esigenza della creazione del giudice monocratico.
In un futuro- si spera prossimo- sarebbe oltremodo auspicabile
dichiarare decaduta la differenziazione tra giurisdizione
ordinaria ed amministrativa e la conseguente unificazione
delle due giurisdizioni attraverso la creazione, all'interno
dello stesso giudice, di differenti sezioni per la tutela
degli interessi legittimi e diritti soggettivi,figure anch'esse
destinate a scomparire.
Anche in questo settore,come nel civile, sarebbe opportuno
un ricorso maggiore all'arbitrato al fine della deflazione
delle cause, la cui gestione è da auspicarsi attribuire in
modo esclusivo alla classe forense.
Diverse sono le esigenze che si sono create nell'ambito del
processo tributario, nel quale se il legislatore da un canto
ne ha allargato a dismisura le materie oggetto di giurisdizione,
con reiterati interventi normativi, dall'altro ha attribuito
il patrocinio della difesa ad alcuni soggetti appartenenti
ad alcune categorie professionali, la cui competenza in tema
è assai dubbia.
Sarebbe auspicabile ricondurre la difesa in materia tributaria,
a color i quali ne sono i più diretti destinatari da sempre,
ovvero gli avvocati.
Chiediamo un maggiore rigore nella scelta e nel controllo
dell'operato dei giudici onorari, in modo che questi siano
all'altezza del compito conferito loro, anche sotto il profilo
del rapporto non sempre idilliaco con l'avvocatura.
Appare illogico ed irrazionale non subordinare la richiesta
di inserimento nella magistratura onoraria all' esercizio
dell'attività forense od almeno all'iscrizione nell'albo degli
avvocati da parte del candidato.
Riordino della carriera
nella Magistratura:
Auspichiamo la separazione delle
carriere ,non già solo delle funzioni, dei magistrati togati
al fine di evitare confusioni , o peggio commistioni, di ruoli
e competenze.
L'attuale forma di concorso deve essere separato non solo
per l'accesso alla magistratura inquirente od a quella giudicante,ma
anche per il successivo passaggio dall'una all'altra.
A tal proposito non comprendiamo perchè una riforma che adeguerebbe
il sistema giudiziario a quello delle altre Nazioni Europee,
debba suscitare una così vasta e contraria eco. In merito
al bilanciamento dei poteri statali, se da una parte è necessario
garantire l'autonomia del potere giudiziario da quello esecutivo-
specie in costanza di un' auspicabile separazione tra carriere
inquirenti e giudicanti- è d'altro canto insopprimibile l'esigenza
di impedire qualunque forma di protagonismo, sotto tutti i
punti di vista, della magistratura specie nei rapporti con
la stampa.
Da questo punto di vista siamo favorevoli alla responsabilità
personale civile e penale dei magistrati per talune iniziative
giudiziarie, poi verificate essere quantomeno "azzardate".
Riteniamo debba essere senz'altro rivisitato il sistema di
avanzamento delle carriere fondato esclusivamente sull'anzianità,che
privilegia il mero decorso del tempo rispetto ad una acclarata
verifica della capacità,efficienza e produttività del singolo
magistrato.
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