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PIATTAFORMA PROGRAMMATICA ANPA IN TEMA DI GIUSTIZIA

[15 MAGGIO 2003]


Ordinamento forense

Consigli dell'Ordine:

Riteniamo imprescindibile mantenere l'attuale struttura "ordinistica" dell'avvocatura italiana, con immutati poteri disciplinari attribuiti ai Consigli dell'Ordine locali, semmai sollecitando una più copiosa attivazione della potestà punitiva a seguito di più incisivi controlli.
Sarebbe auspicabile,al superiore fine, che gli organi deputati alla funzione disciplinare non siano emanazione diretta dei Consigli dell'Ordine locali.
Sarebbe altresì auspicabile l'introduzione della impossibilità -per chi ha coperto il ruolo di commissario di esame nell'anno o nei due anni precedenti- a potersi candidare alle elezioni del Consiglio dell'Ordine che si terranno nei due anni successivi.
E' certamente da "aggiornare" la proporzione tra il numero di componenti dei Consigli dell'Ordine locale ed il numero di avvocati iscritti al relativo albo professionale, anche a seguito del rilevante incremento del numero dei legali italiani.

Tariffe:

Un encomio va al Consiglio Nazionale Forense per avere adeguato finalmente le tariffe degli avvocati, immutate ormai da quasi 10 anni.
In tal senso auspichiamo che venga mantenuto l'attuale procedura per la modifica delle tariffe che prevede la proposta del CNF in tema e l'approvazione successiva del Ministro, anche alla luce della recentissima giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

Modifiche al Codice Deontologico degli Avvocati:

Condividiamo appieno le modifiche operate all'art. 17 del Codice Deontologico in tema di utilizzo dei siti web e della consulenza on-line; riteniamo che,con l'evoluzione del mondo tecnologico l'avvocato se vuole essere competitivo sul mercato, posto che i clienti attuali rispetto al passato sono più informati e si avvalgono spesso dei mezzi di comunicazione telematici, debba rinnovarsi continuamente per rispondere a tali esigenze e non può più restare ancorato a metodologie e mezzi ormai superati.
E' necessario operare tuttavia un controllo indispensabile affinchè non si raggiungano aberrazioni tali (specie per quanto riguarda la pubblicità e le consulenze on line) che possano snaturare la natura di libera professione dell'avvocato.
Per lo stesso motivo, affermiamo in proiezione futura la nostra ferma opposizione alle "Certificazioni di qualità UNI EN ISO 9000" od affini, attraverso le quali si ritiene che uno studio legale possa essere trattato in modo fungibile ad un'azienda per giudicarne l'affidabilità ed accreditarne la qualità del servizio-prodotto.
Facciamo inoltre espresso appello al Consiglio Nazionale Forense, perché venga affermata senza tema di smentita una "riserva di esclusività" della consulenza legale in capo agli avvocati, affinchè gli stessi non vengano espropriati da altri soggetti professionali anche di questa inalienabile storica competenza.
Un maggiore rigore nell'osservanza del codice deontologico è auspicabile, specie per ciò che concerne il comportamento, talvolta inqualificabile, di alcuni avvocati nei riguardi dei propri praticanti, trattati non alla stregua di colleghi più giovani, ma di "segretari aggiunti" dello studio legale di appartenenza.

Cassa Nazionale Forense di previdenza ed assistenza:

In tema di previdenza ed assistenza forense sarebbe opportuno prestare maggiore attenzione ai praticanti ed ai neoavvocati sotto forma di specifiche agevolazioni, come già richiesto dall'A.N.P.A. all'incontro organizzato dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza degli Avvocati in data 9/11/2002, per facilitarne l'avviamento dell'attività forense. Infatti, se da una parte la legge stabilisce l'obbligo del biennio di pratica forense, dall'altra non prevede alcuna forma di assicurazione previdenziale ed infortunistica a favore del praticante, con il paradosso che in caso di un sinistro occorso al tirocinante nell'espletamento di incarichi impartiti dal suo dominus, questi non è coperto da alcuna assicurazione in violazione delle principali norme a tutela della salute dei lavoratori.

Competenze delle Regioni ex art. 117 Cost. in materia di libere professioni e Proposta C.U.P.:

E' necessario risolvere una volta per tutte la questione delle competenze regionali in conseguenza della riforma operata dalla legge costituzionale n.3/2001 che ha conferito alle regioni il potere di legiferare, quali materie di legislazione concorrente, in tema di libere professioni.
A tal fine l'A.N.P.A. chiede al Comitato Unitario delle Professioni di "licenziare" al più presto su questo - ed altri temi di cui parleremo a breve - un articolato che fissi e confermi i principi generali e costituzionali in tema di professioni intellettuali dai quali nessuna regione italiana possa prescindere (come ad esempio l' accesso alla professione, l'inderogabilità delle tariffe etc).
Riteniamo che debba essere attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato anche la legislazione in tema di Ordini professionali, essendo questi ultimi suscettibili, per la loro intrinseca funzione pubblica, di essere sussunti nella dizione "enti pubblici nazionali" di cui all'art. 117, comma 2,lett. m. Condividiamo quasi per intero la c.d. proposta C.U.P., tranne per quello che afferisce alla supposta devoluzione ai Consigli dell'Ordine locali di ampi poteri normativi anche per quanto riguarda i settori della pratica forense; in tal senso rappresentiamo il timore che si possa ampliare le discrasia tra i vari Ordini per quanto riguarda le firme richieste al fine del completamento dei vari semestri di pratica forense ( nella maggior parte sono richieste 20 presenze, in taluni Ordini, 30, in altri 40,in altri ancora un numero ancora maggiore,altri ancora chiedono anche l'apposizione di una o due firme settimanali), o la frequenza alle scuole forensi (in taluni ordini gratis, in altre a pagamento, in altre ancora obbligatorie ed a pagamento), Le disposizioni normative in materia devono essere uguali per tutti i Fori al fine di non creare ulteriori discriminazioni tra i praticanti ed evitare così la "ricerca" dell'Ordine più indulgente.
Chiediamo inoltre l'integrazione della proposta C.U.P. con un esplicito richiamo a nuove forme di disincentivazione della pratica fittizia con controlli scevri da qualunque indulgenza di sorta, al fine di espellere dagli albi dei praticanti coloro i quali ritengono la professione forense l' ultima ancora di salvezza.
Infatti ogni anno assistiamo al fenomeno di un surplus di domande di iscrizione all'esame in relazione al numero reale di praticanti che effettivamente frequentano le cancellerie e le aule dei tribunali; sono coloro i quali hanno svolto una pratica meramente fittizia, grazie alla compiacenza di studi legali "benevoli" ed alla certezza di non essere scoperti, dato che i controlli operati da alcuni Consigli dell'Ordine in tal senso sono pressochè inesistenti. Pensiamo in tal modo di dare una dimostrazione della nostra serietà, chiedendo prima a noi stessi di osservare le normative esistenti in tema di svolgimento della pratica forense.
In relazione all'art 6 della proposta C.U.P. e delle proposte dei senatori Nania e Pastore sul tirocinio forense, ci permettiamo auspicare che la remunerazione della pratica sia ancorata al valore della causa o del processo cui il praticante abbia effettivamente collaborato e mai ad una remunerazione fissa prestabilita, non potendo lo status giuridico del praticante essere equiparato a quello di un lavoratore dipendente. Sarebbe opportuno infine sottrarre valore all'esame di abilitazione ad eccezione di quello propedeutico all'acquisizione del titolo di avvocato, tutto ciò al fine di evitare di gonfiare le file di coloro i quali ritengono l'abilitazione un semplice "lasciapassare" funzionale ad un avanzamento di carriera nelle società , nelle imprese di assicurazioni, nelle banche o per accedere ai livelli della dirigenza pubblica.
Risponde sicuramente alle esigenze sentite dai praticanti avvocati italiani la addotta possibilità - nella proposta del Comitato Unitario delle Professioni- di garantire diversificate modalità alternative di svolgimento del tirocinio forense (pratica forense svolta all'estero presso professionisti iscritti in associazioni riconosciute dal C.N.F., ovvero attraverso la partecipazione a corsi di formazione per l'esame di Stato anch'essi riconosciuti dal Consiglio Nazionale Forense,etc).
Indispensabile è tuttavia un rigoroso controllo della serietà del tirocinio medesimo, affinchè non si incrementi inconsapevolmente il numero di praticanti fittizi.
Per quanto riguarda le società professionali, riteniamo che la proposta del C.U.P. in ordine alla sussunzione di tale figura nell'ambito dell'istituto delle società tra avvocati (anche miste), le cosiddette STP con esplicito rinvio in via sussidiaria alla disciplina delle società in nome collettivo, sia da prediligersi rispetto alle proposte suddette Nania e Pastore.
Ribadiamo che, a nostro parere, non è possibile calare nella realtà della società di capitali, le attività di carattere intellettuale ed in particolare la professione forense.

Diritto di stabilimento degli avvocati:

Se da una parte è indubbia la fondatezza della pretesa di "stabilimento" degli avvocati europei in qualunque Stato Europeo, ai sensi della direttiva 98/5/CEE - siccome recepita in Italia dal Decreto Legislativo 96/01- è d'altra parte non suscettibile di essere sottaciuto il paradosso -che in talune fattispecie - la normativa in argomento ha portato con sé.
E' il caso dell' iscrizione all' Albo degli Avvocati italiani di legali spagnoli che non hanno superato alcuna prova di abilitazione, né svolto alcun tirocinio neppure in Patria, in cui è difficilmente sanabile il contrasto con il succitato art. 33 comma 5 Costituzione.
Anche per questi motivi, si rende necessaria una maggiore tutela da parte degli organi istituzionali e forensi nazionali a favore dei praticanti ed avvocati italiani, sia per garantire loro strumenti e normative che li possano rendere competitivi con i propri collegi europei, sia per evitare evidenti discriminazioni come quelle antescritte.
Auspichiamo una collaborazione simbiotica tra Consiglio Nazionale Forense ed i Consigli dell'Ordine locali, a nostro parere indispensabile siccome caldeggiata all'incontro del 23/11/2002 organizzato dal C.N.F. a Roma, per impedire lo stralcio della questione del riconoscimento delle associazioni private- attraverso progetti di legge "a percorso legislativo facilitato" - dalla più vasta questione del riordino delle professioni intellettuali.
Un riconoscimento di tal genere creerebbe,invero, solo confusione tra gli ordini professionali istituzionali e le associazioni private eventualmente riconosciute su cui non ci sarebbe il benchè minimo ed efficace controllo.

Part time:

In ossequio ad un principio di riqualificazione e riordino complessivo della professione forense, giusta la sua millenaria tradizione ed il suo innegabile ruolo al servizio dei cittadini, l'A.N.P.A. si proclama contraria ad ogni forma di lavoro part-time che involga gli avvocati.
Se tale possibilità è concessa ad altri soggetti professionali, non si può disconoscere una identità specifica della professione forense che la pone al di fuori di ogni tipo di compatibilità con il lavoro parziale.
In tale contesto non è auspicabile continuare a distinguere tra la mera iscrizione all'albo degli avvocati o l'esercizio vero e proprio dell'attività forense, sia per i noti motivi di incompatibilità assoluta riconnessi al segreto professionale del legale, sia per questioni di tutela previdenziale.

Organismo Unitario dell'Avvocatura:

In relazione all' O.U.A. ed alla Sua addotta carenza di rappresentatività, riteniamo che l'Organismo Unitario dell'Avvocatura dovrebbe rappresentare unitariamente in forma politica le istanze e le esigenze del mondo forense tutto, nessuno escluso.
Attualmente dell'O.U.A. non fanno parte i circa 50.000 praticanti e neoavvocati storicamente rappresentati da quasi dieci anni dall'ANPA, l'Associazione Nazionale Praticanti e Avvocati, nè le Unioni Camere Penali Italiane per i motivi più volte esposti:auspichiamo che i colleghi penalisti possano recedere dalla loro posizione di isolamento.
Riteniamo un importante segnale di apertura l'invito espresso dall'O.U.A. all'A.N.P.A. ad essere presente a Verona con una propria delegazione,ove nella veste di organo attualmente esterno all' Organismo Unitario dell'Avvocatura, ci permettiamo di rilevare come sotto il profilo statutario dell'O.U.A. si debba mantenere l'incompatibilità tra l'essere componenti dell'Organismo e le cariche istituzionali forensi.
Sarebbe opportuno altresì garantire l'elezione diretta del Presidente e dei componenti l'assemblea da parte della base ,in modo da assicurare un maggiore vincolo di fiducia tra gli organi statutari del rinnovato Organismo politico-rappresentativo dell'Avvocatura ed i singoli avvocati.
Allo stesso tempo siamo contrari a forme di decentramento degli organi O.U.A. a livello distrettuale, perchè si creerebbero dei cloni dei Consigli dell'Ordine locali.
Auspichiamo infine che, nell' Organismo Unitario dell' Avvocatura, possa essere garantito un più vasto coinvolgimento a tutti i livelli delle associazioni maggiormente rappresentative sul territorio nazionale,vera linfa vitale del mondo forense nel dibattito giudiziario.

Ordinamento Giudiziario

Riforma dei codici:

Bisogna portare a termine al più presto la riforma generale non solo del codice penale, ormai reso inadeguato dal diverso contesto storico di applicazione, nonchè soppresso sostanzialmente da una proliferazione di leggi speciali extracodicistiche sempre crescente, ma anche del codice di procedura penale, alla luce dei principi discendenti dal "giusto processo".
Non è pertanto più tempo di singoli estemporanei interventi che hanno intaccato profondamente la coerenza e la logica del processo penale, ma di una modifica generale coerente e contestuale.
Anche in materia amministrativa è auspicabile un intervento codicistico che operi una "reductio ad unum" delle innumerevoli discipline e normative in tema, presenti nelle più disparate fonti legislative.

Ridefinizione dei circondari dei Tribunali:

In ordine alla ridisegnazione delle circoscrizioni giudiziarie in base al disegno di legge recante "Delega per la Riforma dell'Ordinamento Giudiziario" del 14 marzo 2002,riteniamo di dissentire dalla espressa volontà di sopprimere,con la scusa di "ridefinire", i confini dei circondari dei tribunali, quando questo significa aggravio dei costi e delle spese per gli utenti di giustizia, oltre che un maggiore rischio di denegata o ritardata giustizia,a fronte di minimi se non inesistenti contrazioni di spese pubbliche.

Riorganizzazione della magistratura:

Riteniamo indispensabile una forma di valutazione qualitativa e quantitativa della produttività e dell'efficienza di ogni singolo magistrato, nonché la ridefinizione del ruolo proprio del Consiglio Superiore della Magistratura al fine di ricondurre l' organo di autogoverno dei giudici alla sua propria funzione istituzionale, che troppe volte è stata conculcata a favore delle transeunti ideologie politiche e partitiche.

Eccessiva durata dei processi e Riforma della Giustizia:

Alla demagogica considerazione circa l'atavica problematica riconnessa all'eccessiva durata dei processi civili (consacrata dalle ripetute condanne della Corte Europea dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali di Strasburgo e dalla necessità di adeguare il sistema giudiziario italiano con la Legge Pinto, risultato una cura peggiore del male), riteniamo di individuare nei sistemi di conciliazione extraprocessuali di stampo anglosassone come le ADR (Alternative Disput Resolution), oltre alla tradizionale "giustizia privata" , un rimedio deflattivo opportuno e improcrastinabile, che si auspica gestito dalla classe forense.
Anche in materia penale, seppure non ancora giunta alle emergenze del civile, è auspicabile un maggiore ricorso ai procedimenti speciali in funzione sia anticipatoria, sia deflattiva.
In tale senso la recente modifica del rito abbreviato rappresenta un ottimo esempio di giustizia penale semplificata, ancorchè giustamente rispettosa degli insopprimibili requisiti dell' equità e del rigore.
In tema di giustizia amministrativa se da un canto è necessario adeguare il processo amministrativo ai principi del giusto processo di cui all'art. 111 con l'auspicabile introduzione del terzo grado di giudizio, è d'altra parte insopprimibile l'esigenza della creazione del giudice monocratico.
In un futuro- si spera prossimo- sarebbe oltremodo auspicabile dichiarare decaduta la differenziazione tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa e la conseguente unificazione delle due giurisdizioni attraverso la creazione, all'interno dello stesso giudice, di differenti sezioni per la tutela degli interessi legittimi e diritti soggettivi,figure anch'esse destinate a scomparire.
Anche in questo settore,come nel civile, sarebbe opportuno un ricorso maggiore all'arbitrato al fine della deflazione delle cause, la cui gestione è da auspicarsi attribuire in modo esclusivo alla classe forense.
Diverse sono le esigenze che si sono create nell'ambito del processo tributario, nel quale se il legislatore da un canto ne ha allargato a dismisura le materie oggetto di giurisdizione, con reiterati interventi normativi, dall'altro ha attribuito il patrocinio della difesa ad alcuni soggetti appartenenti ad alcune categorie professionali, la cui competenza in tema è assai dubbia.
Sarebbe auspicabile ricondurre la difesa in materia tributaria, a color i quali ne sono i più diretti destinatari da sempre, ovvero gli avvocati.
Chiediamo un maggiore rigore nella scelta e nel controllo dell'operato dei giudici onorari, in modo che questi siano all'altezza del compito conferito loro, anche sotto il profilo del rapporto non sempre idilliaco con l'avvocatura.
Appare illogico ed irrazionale non subordinare la richiesta di inserimento nella magistratura onoraria all' esercizio dell'attività forense od almeno all'iscrizione nell'albo degli avvocati da parte del candidato.

Riordino della carriera nella Magistratura:

Auspichiamo la separazione delle carriere ,non già solo delle funzioni, dei magistrati togati al fine di evitare confusioni , o peggio commistioni, di ruoli e competenze.
L'attuale forma di concorso deve essere separato non solo per l'accesso alla magistratura inquirente od a quella giudicante,ma anche per il successivo passaggio dall'una all'altra.
A tal proposito non comprendiamo perchè una riforma che adeguerebbe il sistema giudiziario a quello delle altre Nazioni Europee, debba suscitare una così vasta e contraria eco. In merito al bilanciamento dei poteri statali, se da una parte è necessario garantire l'autonomia del potere giudiziario da quello esecutivo- specie in costanza di un' auspicabile separazione tra carriere inquirenti e giudicanti- è d'altro canto insopprimibile l'esigenza di impedire qualunque forma di protagonismo, sotto tutti i punti di vista, della magistratura specie nei rapporti con la stampa.
Da questo punto di vista siamo favorevoli alla responsabilità personale civile e penale dei magistrati per talune iniziative giudiziarie, poi verificate essere quantomeno "azzardate".
Riteniamo debba essere senz'altro rivisitato il sistema di avanzamento delle carriere fondato esclusivamente sull'anzianità,che privilegia il mero decorso del tempo rispetto ad una acclarata verifica della capacità,efficienza e produttività del singolo magistrato.

 

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