A.N.P.A.
sul Sole 24 ore in ordine agli Esami Forensi ed alla
"scorciatoia spagnola"
Sul Sole 24 Ore
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speciale sulla "scorciatoia spagnola" con le
interviste anche al Responsabile A.N.P.A. in Spagna Avv.
Rossella Genovese ed ad Esther Van Weert ,Responsabile
Rapporti Internazionali - International Relations Officer per
l'A.N.P.A.
IL
SOLE 24 ORE
PROFESSIONI
• I dati degli ammessi agli orali nella sessione del 2004
Gli
esami con nuove regole promuovono meno avvocati
MILANO
• Tutto si può dire, ma non che a Catanzaro pecchino di
coerenza. Almeno, non lo si può dire mettendo a confronto,
dati del 2004 e del 2003 alla mano, il numero dei promossi
agli scritti dell'esame di abilitazione forense.Nel primo anno
di piena applicazione della legge 180 del 2003 ( il
provvedimento conteneva disposizioni a " efficacia
differita"), che ha reso itinerante la correzione di atti
e pareri, la commissione di Catanzaro è l'unica ad aver
confermato i risultati del passato. L' 85% degli scritti
sottoposti alla correzione da parte di commissari della città
calabrese ha superato la prova, contro l' 84% del 2003. Poco
importa che questa volta gli ammessi non abbiano svolto
l'esame in Calabria, ma a Firenze. Il
bilancio. Il risultato delle correzioni incrociate tra
commissioni d'esame, a parte la conferma di Catanzaro, è la
riduzione su scala nazionale degli ammessi all'orale.Che, dal
51,86% del 2003, scendono al 43%. Questo perché molte sedi
del Sud Italia, l'anno prima piuttosto generose, si sono
riscoperte severe di fronte agli scritti provenienti da altri
distretti di Corte d'appello. Come è successo a Salerno. La
commissione del 2003 aveva permesso al 96,25% dei candidati di
sostenere gli orali.La commissione nel 2004, nel correggere
gli scritti provenienti da Genova, si è fermata al 64,12% dei
promossi. Comunque una percentuale quasi raddoppiata, rispetto
al 2003, per i genovesi. All'appello mancano ancora i
risultati di Napoli e Milano, sedi d'esame che si dovevano
correggere l'un l'altra e che insieme hanno chiesto una
proroga del termine semestrale per pubblicare i risultati. Che
arriveranno solo a settembre. Le
critiche. « La verità è che la riforma Castelli si è
risolta in una redistribuzione comunque iniqua delle
diseguaglianze » . Non fa concessioni il presidente
dell'Associazione nazionale praticanti e avvocati, Gaetano
Romano. Che sottolinea come la modifica della disciplina degli
esami forensi non sia riuscita a colmare le differenze negli
esiti tra un distretto e l'altro di Corte d'appello. Anzi. «
A cambiare sono solo i destinatari dell'iniquità » , dice
Romano. Rincara la dose il presidente dell'Associazione
italiana giovani avvocati, Mario Papa, che da tempo considera
la riforma Castelli una pezza insufficiente a sanare le
criticità degli esami di accesso alla professione forense. Se
il successo della riforma è stato l'aver eliminato la piaga
del " turismo forense" e l'aver bloccato i
trasferimenti in massa degli aspiranti avvocati, che tentavano
di sostenere gli esami nelle sedi più generose, « il
problema resta la disomogeneità di valutazione » . Papa
punta l'indice contro quella commissione centrale che avrebbe
dovuto stabilire i criteri per la correzione nelle 27 sedi
d'esame e che avrebbe rinunciato a svolgere il proprio ruolo.
Ma, sottolinea, « anche se avesse operato come avrebbe
dovuto, le linee guida non sarebbero state sufficienti a
uniformare un sistema ormai ingestibile » . Riformare
l'accesso. Mentre il Consiglio nazionale forense sta
elaborando in questi giorni le proposte per rivedere la legge
180/
03, l
'Aiga chiarisce la sua posizione. La soluzione indicata dai
giovani avvocati è una riforma strutturale dell'accesso alla
professione. A partire dalla previsione del numero chiuso per
iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, come già avviene
per medicina e chirurgia, veterinaria, odontoiatria e
architettura. Per arrivare al ripensamento del percorso dopo
la laurea, con il tirocinio che deve affiancare due anni di
studio presso le scuole forensi attivate dagli Ordini. Una
riforma che richiede tempi lunghi.Nell'immediato, appurato che
la legge 180/ 03 non ha centrato gli obiettivi sperati, l'Aiga
propone una serie di rimedi: la correzione a livello di macro
distretti regionali, dato che la concentrazione in un'unica
sede pare davvero impossibile. A meno che a scremarli non
intervenga una prova preselettiva a quiz. Flessione degli
idonei più marcata per gli scritti delle sedi meridionali. VALENTINA
MAGLIONE
20/07/2005
IL
SOLE 24 ORE
La
categoria cresce di 10 12mila unità l'anno
Avvocati,
spunta il numero chiuso
MILANO
• Che l'avvocatura rischi di assumere le sembianze del
gigante dai piedi d'argilla è una prospettiva che il
presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa,
vuole a tutti i costi scongiurare. Con la pacatezza e la
fermezza che lo caratterizzano. Crescere di 10 12mila unità
all'anno è il sintomo di una patologia, non certo di
salute. « Tutto ciò — sintetizza Alpa — pone problemi
di governo della professione, dal punto di vista
deontologico » . Senza contare la difficoltà di mercato,
nel senso che occorre trovare « nuovi ambiti di lavoro »
per un esercito di professionisti. Circa 160mila, anche se,
come spiega il presidente della Cassa forense, Maurizio de
Tilla, coloro che effettivamente esercitano la libera
professione sono più o meno 120mila.Per de Tilla le "
matricole" sono una risorsa indispensabile, costituendo
la garanzia delle promesse previdenziali. Tuttavia, il
presidente della Cassa ammette che, se avesse la gestione
dell'Albo, considererebe l'idea di programmare l'accesso
alla professione. Una scelta politica che si realizzerebbere
non tanto con l'orientamento dei giovani universitari. La
soluzione che l'avvocatura sta coltivando è quella del
numero programmato. Lo conferma il presidente Alpa, secondo
cui la via è nell'imporre, quale percorso di preparazione
alla professione, il mix della frequenza alle scuole post
laurea — quelle universitarie accanto alle realtà
formative degli Ordini— e del tirocinio negli studi.Il
laboratorio per disegnare l'assetto della nuova
professione— spiega il consigliere nazionale, Giuseppe
Bassu — è la commissione istituita presso il ministero
dell'Istruzione, coordinata, dal punto di vista politico,
dal sottosegretario Maria Grazia Siliquini. Una prima tappa
è già stata raggiunta avendo incardinato la laurea
magistrale in Giurisprudenza in un percorso a ciclo unico,
quinquennale ( un anno in più rispetto al vecchio
ordinamento). Il nuovo curriculum— insiste il
sottosegretario Siliquini— potrà essere applicato, dalle
facoltà che siano pronte, fin dal prossimo anno
accademico.Ora, la commissione dovrà trovare un compromesso
sulla formazione professionale post laurea. Alcune sigle
dell'avvocatura ritengono che le scuole forensi debbano
acquisire un ruolo centrale: la pensano così l'Organismo
unitario ( Oua) e l'Associazione dei giovani legali ( Aiga).Tuttavia,
se questo è il denominatore comune, il discorso resta
aperto circa l'organizzazione e la durata della scuola.
Soprattutto non sempre coincide la strategia per arrivare
alla riforma. Dopo i risultati della scorsa sessione
dell'esame di Stato, che hanno confermato le disparità nei
comportamenti delle commissioni d'esame, l'Aiga ha scritto
una lettera al ministro della Giustizia, Roberto Castelli,
chiedendo di modificare il decreto legge 112/ 03.Si propone
di trasformare lo scritto in una prova preselettiva a quiz (
per eliminare il rischio di valutazioni discrezionali) e una
commissione unica per le correzioni ( per evitare la
tentazione dei favoritismi). Mario Papa, presidente dell'Aiga,
sollecita poi il ministro a costituire una commissione per
mettere a punto una riforma strutturale, che secondo i
giovani avvocati dovrebbe basarsi sulle scuole post laurea
anche se non viene eliminata l'alternativa del tirocinio in
studio. Papa chiede, infine, il numero programmato per il
corso universitario.Ma la riforma in due tempi non convince
il presidente Oua, Michelina Grillo, che ritiene ci sia il
tempo — se esiste la volontà politica — per un riordino
complessivo, raccordando i risultati della commissione
Siliquini con le modifiche che sono di competenza di
Castelli.Contro iniziative " scoordinate" mette in
guardia Giuseppe Bassu, che ammette come il Consiglio
nazionale abbia già sondato
la Giustizia
circa la possibilità di una modifica al decreto 112.
Tuttavia, almeno per la sessione di abilitazione 2005, i
tempi non ci sono.In questo quadro, a giocare da solista è
l'Anpa, l'associazione dei praticanti e avvocati. « Noto
che a sollecitare le modifiche al Dl 112 — dice il
presidente Gaetano Romano — sono quelle stesse componenti
che lo avevano voluto. Il problema non sono i risultati
difformi tra una commissione e l'altra, quanto la bassa
percentuale a livello nazionale, il 43%, di quanti riescono
a superare l'esame di Stato » La selezione all'accesso c'è
già, dice Romano. Nei confronti di giovani che per
l'ingresso alla professione hanno investito anche otto anni.
Contro il boom di iscritti si studia l'ipotesi di rivedere
le modalità di accesso. MARIA
CARLA DE CESARI
30/07/2005
IL SOLE 24 ORE
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13.09.2005
AVVOCATI
• Sono centinaia i laureati italiani che scelgono di
omologare il proprio titolo in Spagna per diventare legali
evitando pratica e verifiche
Praticanti
sulla via spagnola
Ma è necessario superare 8 10 prove in lingua Spesso permane
l'ostilità degli Ordini nazionali
ROMA • Nasce
come improbabile scorciatoia, ma può diventare l'occasione
per ampliare l'esercizio della professione forense. È la
favola della terra promessa per l'aspirante avvocato italiano:
la Spagna, dove la laurea in giurisprudenza abilita già
all'esercizio della professione senza biennio di pratica nè
esame di Stato. Il riconoscimento del titolo italiano come
abogado spagnolo dà diritto all'iscrizione al Colegio che poi
potrà essere omologato in Italia. Dopo tre anni di patrocinio
sotto tutela si diventa avvocati a tutti gli effetti,
scartando la roulette dell'esame di Stato e delle percentuali
di successo da sempre diverse da Nord a Sud.
La « bufala »
in rete. Promossi « avvocati dopo un test a crocette ( e le
risposte sbagliate non contano): impossibile non farcela.
Requisiti: tre settimane di studi mediocri » . Per sapere
dove, basta pagare le informazioni che saranno corredate da «
appunti riassunti più che sufficienti per aprobar » . La
bufala della scorciatoia spagnola per diventare abogados,
ovvero avvocati al netto di tirocinio ed esame di Stato
italiano corre sul filo dei forum e delle chat degli aspiranti
togati: basta digitare « praticanti » . Una palla di neve
che è diventata una valanga di supposizioni e affermazioni,
dubbi che si rincorrono sul web sino a far supporre una
necessaria conquista di cittadinanza e di partita Iva da
aprirsi rigorosamente sotto i Pirenei.
La realtà. La via spagnola non nè breve nè agevole, come ha
spiegato Miguel Patino, funzionario della Consejería de
Educación y Ciencia presso l'Ambasciata di Spagna a Roma. «
Si deve inoltrare domanda al ministero dell'Educazione a
Madrid allegando certificato di cittadinanza, di laurea (
corredato di esami, crediti e ateneo) e le traduzioni
autenticate degli atti. Dopo la verifica formale ( non meno di
sei mesi), il Consejo de Universidades valuterà per
un'omologazione automatica o condizionata ad esami. Ma può
anche rigettare del tutto la pratica. Per gli italiani, nel
95% dei casi è richiesta una Prueba de Conjunto, tra l'altro,
in diritto costituzionale, penale, civile, amministrativo per
un totale di 8 10 esami anche a seconda dell'università
prescelta. Le prove, integralmente in lingua spagnola e per
iscritto, possono essere svolte annualmente in due
sessioni » . Un procedimento che dura non meno di due anni.
Inoltre, «l'abogado italiano che richiede il riconoscimento a
Roma — ha detto Carlo Finocchietti, direttore del Cimea (
Centro di Informazione sulla mobilità e le equivalenze
accademiche) — è per prassi sottoposto a un esame di
deontologia professionale e per tre anni potrà operare solo
sotto tutela di un collega » .
L'equivoco della via breve, ha ricordato Armanda Bianchi
Conti, direttore generale delle Politiche comunitarie, «
nasce da un vecchio accordo bilaterale Italia Spagna del 1955:
per gli italiani l'equipollenza era automatica. Agli spagnoli
bastavano due esami e una tesi Un quadro del tutto superato
dalla direttiva 89/ 48/ Cee » . Inoltre, conclude Patino,
«è necessario conoscere lo spagnolo, essere stati almeno
studenti Erasmus o avere un interesse ad operare nel Paese per
voler superare 8 10 esami. In
Questa chiave può essere un'opportunità per i futuri
avvocati. Non una scorciatoia » . Secondo i dati della
Consejeria, nel 2002 sono state 146 le d o m a n d e inoltrate
al m i n i s t e r o .
Dal 1°gennaio al 26 luglio 2005 ne risultano già 114; per
fine anno se ne stimano circa 230. La « direttiva Zappalà ».
In questo quadro, lo scorso 12 maggio, l'Europarlamento ha
definitivamente approvato la cosidetta « direttiva Zappalà
» sulle qualifiche professionali. La norma prevede anche un
giro di vite per il qualification shopping, ( come il turismo
forense per acquisire l'abilitazione in Spagna). Il
professionista potrà ottenere nel Paese d'origine il
riconoscimento della qualifica acquisita altrove solo se ha
risieduto stabilmente in un altro Stato membro, maturando
all'estero almeno una parte della formazione, della competenza
o dell'esperienza professionale. Al rientro test di
deontologia e tre anni « sotto tutela » Varato dalla Ue un
giro di vite per limitare il fenomeno. Laura Cavestri
Zappalà
( Fi): direttiva applicabile dal 2007
MILANO • « Non ci saranno ricadute immediate » .
Come ammette Stefano Zappalà ( Fi), relatore della nuova
direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali,
occorreranno ulteriori disposizioni nazionali per attuare la
norma sul cosiddetto qualification shopping. In pratica, la
direttiva, varata lo scorso 6 giugno dal Consiglio Ue ( in
attesa di pubblicazione in Gazzetta) prevede che il
professionista possa ottenere la prima abilitazione
all'estero, ma solo se ha risieduto stabilmente in quello
Stato membro, vi ha maturato almeno una parte della
formazione, della competenza o dell'esperienza professionale.
Tuttavia, aldilà di questi " indirizzi", saranno
poi « i singoli Stati membri, attraverso le rispettive
disposizioni di recepimento, a interpretare e a porre
eventuali " paletti" nei propri ordinamenti » , In
ogni caso, « avranno tempo due anni dalla data di
pubblicazione in Gazzetta della direttiva » . Laura Cavestri
13/09/2005
IL SOLE 24 ORE
A
Madrid l'esame debutterà nel 2011
ROMA • Se negli ultimi anni, per gli aspiranti
avvocati italiani,l'ordinamento interno della Spagna ha
costituito una vera e propria strada alternativa per "
dribblare" la normativa nazionale, tutto ciò sembra però
volgere a un termine.Se fino ad oggi per potere esercitare la
professione di abogado nella penisola iberica non era
necessario né un periodo di pratica né un esame di Stato, ma
solo la Licenciatura en derecho ( ovvero, la laurea in
giurisprudenza), con l'entrata in vigore dell'Anteproyecto de
Ley n. 122/ 000299 ( Acceso al ejercicio de las profesiones de
abogado y procurator), approvato definitivamente dal Governo
spagnolo il 22 luglio 2005 scorso, la Spagna introduce l'esame
di Stato per poter giungere ad ottenere la qualifica
professionale. L'aggiornamento della normativa era nell'aria
da tempo, anche per allineare Madrid al resto dei Paesi
europei
in materia di accesso alla professione con l'introduzione di
una prueba (prova attitudinale). Il Parlamento spagnolo ha
preferito però tergiversare a lungo, soprattutto per
consentire agli studenti universitari spagnoli appena iscritti
di completare il loro iter e qualificarsi con le stesse
modalità concesse ai loro colleghi solo di poco più anziani.
Inizialmente, il progetto di legge che introduce l'esame
avrebbe dovuto entrare in vigore a partire dal 2008.
Ma, forse anche per favorire un adattamento graduale alle
nuove regole, nel testo approvato definitivamente è previsto
un periodo di vacatio legis di sei anni, che proroga lo status
quo sino al 2011, e lascia quindi aperta fino ad allora la
cosiddetta " via spagnola" alla professione forense.
In ogni caso, intraprendere la " via spagnola" non
è una passeggiata e non rappresenta affatto una scorciatoia
come si è forse più volte sentito dire. Tra le "
precondizioni", bisogna infatti considerare una
conoscenza adeguata della lingua per sostenere gli esami
finalizzati all'omologazione del titolo. Inoltre, è
necessaria un'attesa di sei mesi per ottenere risposta dal
ministero dell'Educazione spagnolo in relazione alla domanda (
solicitud) di omologazione. Ancora, c'è da tenere presente i
tempi stretti
per quanti, dopo aver pazientemente atteso la risoluzione del
Ministero spagnolo, debbono poi in tempi relativamente rapidi
recarsi in Spagna e sostenere la cosiddetta prueba de conjunto
e ottenere la qualifica.
La normativa spagnola sull'omologazione è stata infatti
recentemente modificata con l'introduzione del Real Decreto
285/ 2004. Ad oggi, dal momento in cui riceve notizia che la
sua domanda è stata accettata, il candidato dispone di soli
due anni, entro i quali decidere di presentarsi alla prueba de
conjunto. Con la vecchia normativa, invece, non esisteva alcun
limite temporale. Quindi, solo chi è ancora in attesa di una
risposta dalla Spagna ma che hapresentato la solicitud prima
del 5 settembre 2004 ( data di entrata in vigore del nuovo
Real decreto sull'omologazione), potrà ancora sostenere la
prueba quando vuole, senza limiti temporali. La Spagna ha
dunque avviato il processo di avvicinamento del proprio iter
al resto d'Europa, ma rimane ancora una via alternativa per
ottenere il titolo, sino ad almeno il 2011. Sempre che la
nuova direttiva comunitaria sul " riconoscimento delle
qualifiche professionali", attualmente in discussione,
non ne vanifichi l'efficacia con un nuovo assetto dei principi
di stabilimento. L'avvicinamento all'Europa approvato dal
Governo a fine luglio. Cristiano Rizzi
13/09/2005
IL SOLE 24 ORE
Appunti di viaggio / Le vicende di quattro aspiranti
« Una scorciatoia che può diventare opportunità »
MILANO • Una scorciatoia o un'opportunità?
Entrambe le opzioni per i laureati italiani che hanno scelto
la via " legale" spagnola. Ma c'è anche una piccola
" pattuglia" di stranieri che decide di affrontare
il non semplice iter italiano, a cominciare dalla burocrazia.
Italiani in Spagna. Veronica Comici, 33 anni di Latina, ha
guardato alla Spagna per superare l'ostacolo dell'esame di
Stato, dopo essersi laureata con 110 e lode a Roma e aver
tentato due volte la prova scritta. Decide allora di andare
oltre frontiera. Ma attenzione a chiamarla "
scorciatoia". « Ero scoraggiata e stanca di perdere
tempo prezioso. E anche se non conoscevo lo spagnolo, feci
domanda » . L'accettazione formale della domanda prende
almeno 6 mesi. « E impone di " integrare" la
propria preparazione con 11 esami scritti e un colloquio orale
all'università di Tenerife cui ho scelto di iscrivermi. Dal
diritto e civile alle procedure, rigorosamente in spagnolo »
. Dopo un anno e mezzo, a febbraio 2005,
l'iscrizione all'Albo degli avvocati di Madrid. Ma una volta
ritornata in Italia è intervenuta la resistenza dell'Ordine
degli avvocati di Latina, da cui ancora non è arrivato
l'omologazione all'Albo italiano. Riconoscimento che Veronica
Comici ha richiesto anche all'Ordine di Roma.Una scelta
mediata sin dall'inizio per Rossella Genovese, 35 anni e
" doppio studio" a Gorizia e Malaga, sulla costa
andalusa. Oggi referente in Spagna dell'Associazione nazionale
italiana praticanti e avvocati ( Anpa), ha anche aggiunto una
qualifica di traduttrice di testi giuridici. « Si tende a
sottolineare — ha detto Genovese — il profilo dell'escamoutage
per raggirare l'esame italiano, senza valorizzare lo sforzo di
rimettersi a studiare oltre una decina di esami in lingua
straniera e senza contare che negli anni i docenti spagnoli
sono diventati molto più severi » . Per avvocati italiani,
però, che spesso faticano ad avviare un'attività autonoma,
la " via internazionale" può aprire nuove occasioni
di business e creare un raccordo prvilegiato tra due Peasi
europei. Senza contare che la Spagna è anche una "
finestra" sull'America latina. Pertanto « se si deve
volare, meglio in Spagna che a Catanzaro » . E gli stranieri
in Italia? C'è anche chi intraprende il percorso inverso. Ma
resta farragginosa l'iscrizione al registro praticanti di
giovani laureati stranieri in Italia. Ha fatto da apripista il
caso di Christine Morgenbesser, laureata nel 1996 in Francia e
" praticante" tra impugnazioni e ricorsi da sette
anni. « L'Ordine di Genova rifiutò la mia iscrizione al
registro poiché dovevo equiparare il titolo di studio
francese in Italia: per farlo, mi venivano chiesti 13 esami più
la tesi » . L'equiparazione era stata infatti respinta
dall'Ordine sulla base di un regio decreto del' 33. Dopo
l'iscrizione al registro praticanti nel 2002,
ChristineMorgenbesser ha ora passato lo scritto ed è in
attesa dell'orale.E 13 esami erano stati chiesti anche ad
Esther Van Weert, olandese a Milano, in procinto di affrontare
la prova scritta, che fa notare come diverso sia ancora oggi
l'atteggiamento dei singoli Consigli verso i laureati
stranieri. « Se Milano, oggi, si dimostra "
aperta", in molte realtà ancora le resistenze continuano
» . Restano burocrazia e resistenze per i tirocinanti
stranieri in Italia.
Chiara Conti
13/09/2005
Riceviamo
e pubblichiamo l'interrogazione a risposta scritta formulata
dal Sen. Siniscalchi sui ritardi nella correzione degli
elaborati Roma-Milano.
Interrogazione a risposta scritta
Al Ministro della Giustizia per sapere premesso
che:
Il decreto-legge 21 maggio 2003, n.112, convertito, con
modificazioni, nella legge 18 luglio 2003, n.180, ha recato
modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione
alla professione forense;
· è stato introdotto il meccanismo del sorteggio in vista
della determinazione degli abbinamenti fra le commissioni
esaminatrici e i candidati;
· il Ministro della Giustizia, con successivo decreto,
determina mediante sorteggio gli abbinamenti tra i candidati
individuati ai sensi dell'art.9 comma 3, del regolamento di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990,
n.101, e successive modificazioni, e le sedi di Corte di
Appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti.
Tale sorteggio è effettuato previo raggruppamento delle sedi
di Corte di Appello
che presentino un numero di domande di ammissione
sufficientemente omogeneo, al fine di garantire l'adeguatezza
tra la composizione delle sottocommissioni di esame e il
numero di candidati di ciascuna sede;
· il Ministro della Giustizia ha abbinato tra le varie Corti
di Appello quella di Napoli con quella di Milano e viceversa;
ad oggi tutte le commissioni esaminatrici delle Corti di
Appello prescelte dal Ministro hanno comunicato i risultati
delle prove scritte, fatta eccezione per quelle di Napoli e
Milano;
si registra un sensibile ed
apparentemente ingiustificato ritardo nella correzione degli
elaborati scritti da parte delle commissioni esaminatrici
presso i distretti di Napoli e Milano;
· l'introduzione del sistema di correzione incrociato ha
evidenziato notevoli lacune e rischia di determinare una
disparità di trattamento agli aspiranti avvocati,
quanto meno sotto il profilo temporale in ragione della non
coincidenza di tempi per il completamento delle procedure di
correzione degli elaborati;
Se il Ministro interrogato, verificati i fatti esposti in
premessa, sia in grado di accertare le cause dei ritardi nelle
correzioni e ritenga opportuno, per il futuro, attivare gli
strumenti di sua competenza per consentire agli aspiranti
avvocati di ottenere i risultati in un lasso temporale
predeterminato e rispettato da tutte le Corti di Appello.
Roma 12 settembre 2005
On. Vincenzo Siniscalchi
Presidente Giunta per le Autorizzazioni
Camera dei Deputati
http://www.vincenzosiniscalchi.it/
Ricordo del Presidente di
Pordenone