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A.N.P.A. sul Sole 24 ore in ordine agli Esami Forensi ed alla "scorciatoia spagnola"

                  

Sul Sole 24 Ore www.sole24ore.com speciale sulla "scorciatoia spagnola" con le interviste anche al Responsabile A.N.P.A. in Spagna Avv. Rossella Genovese ed  ad Esther Van Weert ,Responsabile Rapporti Internazionali - International Relations Officer per l'A.N.P.A.

IL SOLE 24 ORE

PROFESSIONI • I dati degli ammessi agli orali nella sessione del 2004

Gli esami con nuove regole promuovono meno avvocati

MILANO • Tutto si può dire, ma non che a Catanzaro pecchino di coerenza. Almeno, non lo si può dire mettendo a confronto, dati del 2004 e del 2003 alla mano, il numero dei promossi agli scritti dell'esame di abilitazione forense.Nel primo anno di piena applicazione della legge 180 del 2003 ( il provvedimento conteneva disposizioni a " efficacia differita"), che ha reso itinerante la correzione di atti e pareri, la commissione di Catanzaro è l'unica ad aver confermato i risultati del passato. L' 85% degli scritti sottoposti alla correzione da parte di commissari della città calabrese ha superato la prova, contro l' 84% del 2003. Poco importa che questa volta gli ammessi non abbiano svolto l'esame in Calabria, ma a Firenze. Il bilancio. Il risultato delle correzioni incrociate tra commissioni d'esame, a parte la conferma di Catanzaro, è la riduzione su scala nazionale degli ammessi all'orale.Che, dal 51,86% del 2003, scendono al 43%. Questo perché molte sedi del Sud Italia, l'anno prima piuttosto generose, si sono riscoperte severe di fronte agli scritti provenienti da altri distretti di Corte d'appello. Come è successo a Salerno. La commissione del 2003 aveva permesso al 96,25% dei candidati di sostenere gli orali.La commissione nel 2004, nel correggere gli scritti provenienti da Genova, si è fermata al 64,12% dei promossi. Comunque una percentuale quasi raddoppiata, rispetto al 2003, per i genovesi. All'appello mancano ancora i risultati di Napoli e Milano, sedi d'esame che si dovevano correggere l'un l'altra e che insieme hanno chiesto una proroga del termine semestrale per pubblicare i risultati. Che arriveranno solo a settembre. Le critiche. « La verità è che la riforma Castelli si è risolta in una redistribuzione comunque iniqua delle diseguaglianze » . Non fa concessioni il presidente dell'Associazione nazionale praticanti e avvocati, Gaetano Romano. Che sottolinea come la modifica della disciplina degli esami forensi non sia riuscita a colmare le differenze negli esiti tra un distretto e l'altro di Corte d'appello. Anzi. « A cambiare sono solo i destinatari dell'iniquità » , dice Romano. Rincara la dose il presidente dell'Associazione italiana giovani avvocati, Mario Papa, che da tempo considera la riforma Castelli una pezza insufficiente a sanare le criticità degli esami di accesso alla professione forense. Se il successo della riforma è stato l'aver eliminato la piaga del " turismo forense" e l'aver bloccato i trasferimenti in massa degli aspiranti avvocati, che tentavano di sostenere gli esami nelle sedi più generose, « il problema resta la disomogeneità di valutazione » . Papa punta l'indice contro quella commissione centrale che avrebbe dovuto stabilire i criteri per la correzione nelle 27 sedi d'esame e che avrebbe rinunciato a svolgere il proprio ruolo. Ma, sottolinea, « anche se avesse operato come avrebbe dovuto, le linee guida non sarebbero state sufficienti a uniformare un sistema ormai ingestibile » . Riformare l'accesso. Mentre il Consiglio nazionale forense sta elaborando in questi giorni le proposte per rivedere la legge 180/ 03, l 'Aiga chiarisce la sua posizione. La soluzione indicata dai giovani avvocati è una riforma strutturale dell'accesso alla professione. A partire dalla previsione del numero chiuso per iscriversi alla facoltà di giurisprudenza, come già avviene per medicina e chirurgia, veterinaria, odontoiatria e architettura. Per arrivare al ripensamento del percorso dopo la laurea, con il tirocinio che deve affiancare due anni di studio presso le scuole forensi attivate dagli Ordini. Una riforma che richiede tempi lunghi.Nell'immediato, appurato che la legge 180/ 03 non ha centrato gli obiettivi sperati, l'Aiga propone una serie di rimedi: la correzione a livello di macro distretti regionali, dato che la concentrazione in un'unica sede pare davvero impossibile. A meno che a scremarli non intervenga una prova preselettiva a quiz. Flessione degli idonei più marcata per gli scritti delle sedi meridionali. VALENTINA MAGLIONE                                                       20/07/2005

 

 

IL SOLE 24 ORE

 

La categoria cresce di 10 12mila unità l'anno

 

Avvocati, spunta il numero chiuso

 

MILANO • Che l'avvocatura rischi di assumere le sembianze del gigante dai piedi d'argilla è una prospettiva che il presidente del Consiglio nazionale forense, Guido Alpa, vuole a tutti i costi scongiurare. Con la pacatezza e la fermezza che lo caratterizzano. Crescere di 10 12mila unità all'anno è il sintomo di una patologia, non certo di salute. « Tutto ciò — sintetizza Alpa — pone problemi di governo della professione, dal punto di vista deontologico » . Senza contare la difficoltà di mercato, nel senso che occorre trovare « nuovi ambiti di lavoro » per un esercito di professionisti. Circa 160mila, anche se, come spiega il presidente della Cassa forense, Maurizio de Tilla, coloro che effettivamente esercitano la libera professione sono più o meno 120mila.Per de Tilla le " matricole" sono una risorsa indispensabile, costituendo la garanzia delle promesse previdenziali. Tuttavia, il presidente della Cassa ammette che, se avesse la gestione dell'Albo, considererebe l'idea di programmare l'accesso alla professione. Una scelta politica che si realizzerebbere non tanto con l'orientamento dei giovani universitari. La soluzione che l'avvocatura sta coltivando è quella del numero programmato. Lo conferma il presidente Alpa, secondo cui la via è nell'imporre, quale percorso di preparazione alla professione, il mix della frequenza alle scuole post laurea — quelle universitarie accanto alle realtà formative degli Ordini— e del tirocinio negli studi.Il laboratorio per disegnare l'assetto della nuova professione— spiega il consigliere nazionale, Giuseppe Bassu — è la commissione istituita presso il ministero dell'Istruzione, coordinata, dal punto di vista politico, dal sottosegretario Maria Grazia Siliquini. Una prima tappa è già stata raggiunta avendo incardinato la laurea magistrale in Giurisprudenza in un percorso a ciclo unico, quinquennale ( un anno in più rispetto al vecchio ordinamento). Il nuovo curriculum— insiste il sottosegretario Siliquini— potrà essere applicato, dalle facoltà che siano pronte, fin dal prossimo anno accademico.Ora, la commissione dovrà trovare un compromesso sulla formazione professionale post laurea. Alcune sigle dell'avvocatura ritengono che le scuole forensi debbano acquisire un ruolo centrale: la pensano così l'Organismo unitario ( Oua) e l'Associazione dei giovani legali ( Aiga).Tuttavia, se questo è il denominatore comune, il discorso resta aperto circa l'organizzazione e la durata della scuola. Soprattutto non sempre coincide la strategia per arrivare alla riforma. Dopo i risultati della scorsa sessione dell'esame di Stato, che hanno confermato le disparità nei comportamenti delle commissioni d'esame, l'Aiga ha scritto una lettera al ministro della Giustizia, Roberto Castelli, chiedendo di modificare il decreto legge 112/ 03.Si propone di trasformare lo scritto in una prova preselettiva a quiz ( per eliminare il rischio di valutazioni discrezionali) e una commissione unica per le correzioni ( per evitare la tentazione dei favoritismi). Mario Papa, presidente dell'Aiga, sollecita poi il ministro a costituire una commissione per mettere a punto una riforma strutturale, che secondo i giovani avvocati dovrebbe basarsi sulle scuole post laurea anche se non viene eliminata l'alternativa del tirocinio in studio. Papa chiede, infine, il numero programmato per il corso universitario.Ma la riforma in due tempi non convince il presidente Oua, Michelina Grillo, che ritiene ci sia il tempo — se esiste la volontà politica — per un riordino complessivo, raccordando i risultati della commissione Siliquini con le modifiche che sono di competenza di Castelli.Contro iniziative " scoordinate" mette in guardia Giuseppe Bassu, che ammette come il Consiglio nazionale abbia già sondato la Giustizia circa la possibilità di una modifica al decreto 112. Tuttavia, almeno per la sessione di abilitazione 2005, i tempi non ci sono.In questo quadro, a giocare da solista è l'Anpa, l'associazione dei praticanti e avvocati. « Noto che a sollecitare le modifiche al Dl 112 — dice il presidente Gaetano Romano — sono quelle stesse componenti che lo avevano voluto. Il problema non sono i risultati difformi tra una commissione e l'altra, quanto la bassa percentuale a livello nazionale, il 43%, di quanti riescono a superare l'esame di Stato » La selezione all'accesso c'è già, dice Romano. Nei confronti di giovani che per l'ingresso alla professione hanno investito anche otto anni. Contro il boom di iscritti si studia l'ipotesi di rivedere le modalità di accesso. MARIA CARLA DE CESARI

30/07/2005


IL SOLE 24 ORE
www.sole24ore.com

13.09.2005

AVVOCATI • Sono centinaia i laureati italiani che scelgono di omologare il proprio titolo in Spagna per diventare legali evitando pratica e verifiche

Praticanti sulla via spagnola
Ma è necessario superare 8 10 prove in lingua Spesso permane l'ostilità degli Ordini nazionali

ROMA • Nasce come improbabile scorciatoia, ma può diventare l'occasione per ampliare l'esercizio della professione forense. È la favola della terra promessa per l'aspirante avvocato italiano: la Spagna, dove la laurea in giurisprudenza abilita già all'esercizio della professione senza biennio di pratica nè esame di Stato. Il riconoscimento del titolo italiano come abogado spagnolo dà diritto all'iscrizione al Colegio che poi potrà essere omologato in Italia. Dopo tre anni di patrocinio sotto tutela si diventa avvocati a tutti gli effetti, scartando la roulette dell'esame di Stato e delle percentuali di successo da sempre diverse da Nord a Sud.

La « bufala » in rete. Promossi « avvocati dopo un test a crocette ( e le risposte sbagliate non contano): impossibile non farcela. Requisiti: tre settimane di studi mediocri » . Per sapere dove, basta pagare le informazioni che saranno corredate da « appunti riassunti più che sufficienti per aprobar » . La bufala della scorciatoia spagnola per diventare abogados, ovvero avvocati al netto di tirocinio ed esame di Stato italiano corre sul filo dei forum e delle chat degli aspiranti togati: basta digitare « praticanti » . Una palla di neve che è diventata una valanga di supposizioni e affermazioni, dubbi che si rincorrono sul web sino a far supporre una necessaria conquista di cittadinanza e di partita Iva da aprirsi rigorosamente sotto i Pirenei.
La realtà. La via spagnola non nè breve nè agevole, come ha spiegato Miguel Patino, funzionario della Consejería de Educación y Ciencia presso l'Ambasciata di Spagna a Roma. « Si deve inoltrare domanda al ministero dell'Educazione a Madrid allegando certificato di cittadinanza, di laurea ( corredato di esami, crediti e ateneo) e le traduzioni autenticate degli atti. Dopo la verifica formale ( non meno di sei mesi), il Consejo de Universidades valuterà per un'omologazione automatica o condizionata ad esami. Ma può anche rigettare del tutto la pratica. Per gli italiani, nel 95% dei casi è richiesta una Prueba de Conjunto, tra l'altro, in diritto costituzionale, penale, civile, amministrativo per un totale di 8 10 esami anche a seconda dell'università prescelta. Le prove, integralmente in lingua spagnola e per iscritto, possono essere svolte annualmente in due
sessioni » . Un procedimento che dura non meno di due anni. Inoltre, «l'abogado italiano che richiede il riconoscimento a Roma — ha detto Carlo Finocchietti, direttore del Cimea ( Centro di Informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche) — è per prassi sottoposto a un esame di deontologia professionale e per tre anni potrà operare solo sotto tutela di un collega » .
L'equivoco della via breve, ha ricordato Armanda Bianchi Conti, direttore generale delle Politiche comunitarie, « nasce da un vecchio accordo bilaterale Italia Spagna del 1955: per gli italiani l'equipollenza era automatica. Agli spagnoli bastavano due esami e una tesi Un quadro del tutto superato dalla direttiva 89/ 48/ Cee » . Inoltre, conclude Patino, «è necessario conoscere lo spagnolo, essere stati almeno studenti Erasmus o avere un interesse ad operare nel Paese per voler superare 8 10 esami. In
Questa chiave può essere un'opportunità per i futuri avvocati. Non una scorciatoia » . Secondo i dati della Consejeria, nel 2002 sono state 146 le d o m a n d e inoltrate al m i n i s t e r o .
Dal 1°gennaio al 26 luglio 2005 ne risultano già 114; per fine anno se ne stimano circa 230. La « direttiva Zappalà ». In questo quadro, lo scorso 12 maggio, l'Europarlamento ha definitivamente approvato la cosidetta « direttiva Zappalà » sulle qualifiche professionali. La norma prevede anche un giro di vite per il qualification shopping, ( come il turismo forense per acquisire l'abilitazione in Spagna). Il professionista potrà ottenere nel Paese d'origine il riconoscimento della qualifica acquisita altrove solo se ha risieduto stabilmente in un altro Stato membro, maturando all'estero almeno una parte della formazione, della competenza o dell'esperienza professionale. Al rientro test di deontologia e tre anni « sotto tutela » Varato dalla Ue un giro di vite per limitare il fenomeno. Laura Cavestri

Zappalà ( Fi): direttiva applicabile dal 2007
MILANO • « Non ci saranno ricadute immediate » . Come ammette Stefano Zappalà ( Fi), relatore della nuova direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, occorreranno ulteriori disposizioni nazionali per attuare la norma sul cosiddetto qualification shopping. In pratica, la direttiva, varata lo scorso 6 giugno dal Consiglio Ue ( in attesa di pubblicazione in Gazzetta) prevede che il professionista possa ottenere la prima abilitazione all'estero, ma solo se ha risieduto stabilmente in quello Stato membro, vi ha maturato almeno una parte della formazione, della competenza o dell'esperienza professionale. Tuttavia, aldilà di questi " indirizzi", saranno poi « i singoli Stati membri, attraverso le rispettive disposizioni di recepimento, a interpretare e a porre eventuali " paletti" nei propri ordinamenti » , In ogni caso, « avranno tempo due anni dalla data di pubblicazione in Gazzetta della direttiva » . Laura Cavestri
13/09/2005

IL SOLE 24 ORE

A Madrid l'esame debutterà nel 2011
ROMA • Se negli ultimi anni, per gli aspiranti avvocati italiani,l'ordinamento interno della Spagna ha costituito una vera e propria strada alternativa per " dribblare" la normativa nazionale, tutto ciò sembra però volgere a un termine.Se fino ad oggi per potere esercitare la professione di abogado nella penisola iberica non era necessario né un periodo di pratica né un esame di Stato, ma solo la Licenciatura en derecho ( ovvero, la laurea in giurisprudenza), con l'entrata in vigore dell'Anteproyecto de
Ley n. 122/ 000299 ( Acceso al ejercicio de las profesiones de abogado y procurator), approvato definitivamente dal Governo spagnolo il 22 luglio 2005 scorso, la Spagna introduce l'esame di Stato per poter giungere ad ottenere la qualifica professionale. L'aggiornamento della normativa era nell'aria da tempo, anche per allineare Madrid al resto dei Paesi europei
in materia di accesso alla professione con l'introduzione di una prueba (prova attitudinale). Il Parlamento spagnolo ha preferito però tergiversare a lungo, soprattutto per consentire agli studenti universitari spagnoli appena iscritti di completare il loro iter e qualificarsi con le stesse modalità concesse ai loro colleghi solo di poco più anziani. Inizialmente, il progetto di legge che introduce l'esame avrebbe dovuto entrare in vigore a partire dal 2008.
Ma, forse anche per favorire un adattamento graduale alle nuove regole, nel testo approvato definitivamente è previsto un periodo di vacatio legis di sei anni, che proroga lo status quo sino al 2011, e lascia quindi aperta fino ad allora la cosiddetta " via spagnola" alla professione forense.
In ogni caso, intraprendere la " via spagnola" non è una passeggiata e non rappresenta affatto una scorciatoia come si è forse più volte sentito dire. Tra le " precondizioni", bisogna infatti considerare una conoscenza adeguata della lingua per sostenere gli esami finalizzati all'omologazione del titolo. Inoltre, è necessaria un'attesa di sei mesi per ottenere risposta dal ministero dell'Educazione spagnolo in relazione alla domanda ( solicitud) di omologazione. Ancora, c'è da tenere presente i tempi stretti
per quanti, dopo aver pazientemente atteso la risoluzione del Ministero spagnolo, debbono poi in tempi relativamente rapidi recarsi in Spagna e sostenere la cosiddetta prueba de conjunto e ottenere la qualifica.
La normativa spagnola sull'omologazione è stata infatti recentemente modificata con l'introduzione del Real Decreto 285/ 2004. Ad oggi, dal momento in cui riceve notizia che la sua domanda è stata accettata, il candidato dispone di soli due anni, entro i quali decidere di presentarsi alla prueba de conjunto. Con la vecchia normativa, invece, non esisteva alcun limite temporale. Quindi, solo chi è ancora in attesa di una risposta dalla Spagna ma che hapresentato la solicitud prima del 5 settembre 2004 ( data di entrata in vigore del nuovo Real decreto sull'omologazione), potrà ancora sostenere la prueba quando vuole, senza limiti temporali. La Spagna ha dunque avviato il processo di avvicinamento del proprio iter al resto d'Europa, ma rimane ancora una via alternativa per ottenere il titolo, sino ad almeno il 2011. Sempre che la nuova direttiva comunitaria sul " riconoscimento delle qualifiche professionali", attualmente in discussione, non ne vanifichi l'efficacia con un nuovo assetto dei principi di stabilimento. L'avvicinamento all'Europa approvato dal Governo a fine luglio. Cristiano Rizzi
13/09/2005

IL SOLE 24 ORE
Appunti di viaggio / Le vicende di quattro aspiranti
« Una scorciatoia che può diventare opportunità »
MILANO • Una scorciatoia o un'opportunità? Entrambe le opzioni per i laureati italiani che hanno scelto la via " legale" spagnola. Ma c'è anche una piccola " pattuglia" di stranieri che decide di affrontare il non semplice iter italiano, a cominciare dalla burocrazia. Italiani in Spagna. Veronica Comici, 33 anni di Latina, ha guardato alla Spagna per superare l'ostacolo dell'esame di Stato, dopo essersi laureata con 110 e lode a Roma e aver tentato due volte la prova scritta. Decide allora di andare oltre frontiera. Ma attenzione a chiamarla " scorciatoia". « Ero scoraggiata e stanca di perdere tempo prezioso. E anche se non conoscevo lo spagnolo, feci domanda » . L'accettazione formale della domanda prende almeno 6 mesi. « E impone di " integrare" la propria preparazione con 11 esami scritti e un colloquio orale all'università di Tenerife cui ho scelto di iscrivermi. Dal diritto e civile alle procedure, rigorosamente in spagnolo » . Dopo un anno e mezzo, a febbraio 2005,
l'iscrizione all'Albo degli avvocati di Madrid. Ma una volta ritornata in Italia è intervenuta la resistenza dell'Ordine degli avvocati di Latina, da cui ancora non è arrivato l'omologazione all'Albo italiano. Riconoscimento che Veronica Comici ha richiesto anche all'Ordine di Roma.Una scelta mediata sin dall'inizio per Rossella Genovese, 35 anni e " doppio studio" a Gorizia e Malaga, sulla costa andalusa. Oggi referente in Spagna dell'Associazione nazionale italiana praticanti e avvocati ( Anpa), ha anche aggiunto una qualifica di traduttrice di testi giuridici. « Si tende a sottolineare — ha detto Genovese — il profilo dell'escamoutage per raggirare l'esame italiano, senza valorizzare lo sforzo di rimettersi a studiare oltre una decina di esami in lingua straniera e senza contare che negli anni i docenti spagnoli sono diventati molto più severi » . Per avvocati italiani, però, che spesso faticano ad avviare un'attività autonoma, la " via internazionale" può aprire nuove occasioni di business e creare un raccordo prvilegiato tra due Peasi europei. Senza contare che la Spagna è anche una " finestra" sull'America latina. Pertanto « se si deve volare, meglio in Spagna che a Catanzaro » . E gli stranieri in Italia? C'è anche chi intraprende il percorso inverso. Ma resta farragginosa l'iscrizione al registro praticanti di giovani laureati stranieri in Italia. Ha fatto da apripista il caso di Christine Morgenbesser, laureata nel 1996 in Francia e " praticante" tra impugnazioni e ricorsi da sette anni. « L'Ordine di Genova rifiutò la mia iscrizione al registro poiché dovevo equiparare il titolo di studio francese in Italia: per farlo, mi venivano chiesti 13 esami più la tesi » . L'equiparazione era stata infatti respinta dall'Ordine sulla base di un regio decreto del' 33. Dopo l'iscrizione al registro praticanti nel 2002, ChristineMorgenbesser ha ora passato lo scritto ed è in attesa dell'orale.E 13 esami erano stati chiesti anche ad Esther Van Weert, olandese a Milano, in procinto di affrontare la prova scritta, che fa notare come diverso sia ancora oggi l'atteggiamento dei singoli Consigli verso i laureati stranieri. « Se Milano, oggi, si dimostra " aperta", in molte realtà ancora le resistenze continuano » . Restano burocrazia e resistenze per i tirocinanti stranieri in Italia.
Chiara Conti
13/09/2005

Riceviamo e pubblichiamo l'interrogazione a risposta scritta formulata dal Sen. Siniscalchi sui ritardi nella correzione degli elaborati Roma-Milano.

Interrogazione a risposta scritta

Al Ministro della Giustizia  per sapere  premesso che:


Il decreto-legge 21 maggio 2003, n.112, convertito, con modificazioni, nella legge 18 luglio 2003, n.180, ha recato modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense;

· è stato introdotto il meccanismo del sorteggio in vista della determinazione degli abbinamenti fra le commissioni esaminatrici e i candidati;

· il Ministro della Giustizia, con successivo decreto, determina mediante sorteggio gli abbinamenti tra i candidati individuati ai sensi dell'art.9 comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1990, n.101, e successive modificazioni, e le sedi di Corte di Appello ove ha luogo la correzione degli elaborati scritti. Tale sorteggio è effettuato previo raggruppamento delle sedi di Corte di Appello
che presentino un numero di domande di ammissione sufficientemente omogeneo, al fine di garantire l'adeguatezza tra la composizione delle sottocommissioni di esame e il numero di candidati di ciascuna sede;

· il Ministro della Giustizia ha abbinato tra le varie Corti di Appello quella di Napoli con quella di Milano e viceversa;

ad oggi tutte le commissioni esaminatrici delle Corti di Appello prescelte dal Ministro hanno comunicato i risultati delle prove scritte, fatta eccezione per quelle di Napoli e Milano;

     si registra un sensibile ed apparentemente ingiustificato ritardo nella correzione degli elaborati scritti da parte delle commissioni esaminatrici presso i distretti di Napoli e Milano;

· l'introduzione del sistema di correzione incrociato ha evidenziato notevoli lacune e rischia di determinare una disparità di  trattamento agli aspiranti avvocati, quanto meno sotto il profilo temporale in ragione della non coincidenza di tempi per il completamento delle procedure di correzione degli elaborati; 

 
Se il Ministro interrogato, verificati i fatti esposti in premessa, sia in grado di accertare le cause dei ritardi nelle correzioni e ritenga opportuno, per il futuro, attivare gli strumenti di sua competenza per consentire agli aspiranti avvocati di ottenere i risultati in un lasso temporale predeterminato e rispettato da tutte le Corti di Appello.


Roma 12 settembre 2005
On. Vincenzo Siniscalchi
Presidente Giunta per le Autorizzazioni
Camera dei Deputati
http://www.vincenzosiniscalchi.it/

Ricordo del Presidente di Pordenone